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di Iuri Maria Prado

L’Unità, 14 settembre 2023

Va bene la prevenzione, ma per stroncare il cancro della criminalità giovanile quel che ci vuole è la repressione, ha spiegato l’ex pm ed ex liberale. Il ministro Carlo Nordio ha ripreso la penna opinionista che aveva mollato affiliandosi al partito di Giorgia Meloni, il partito dei “garantisti nel processo e giustizialisti nella pena”, e sul Messaggero ha risposto agli insolenti che non omaggiano la portata liberale delle norme sui rave party, sulla caccia universale ai trasgressori della filiazione secondo protocollo Family Day e sugli schiavettoni ai quattordicenni.

Ha spiegato (non è uno scherzo) che d’accordo la prevenzione, d’accordo l’educazione in famiglia, a scuola e in parrocchia, ma se assistiamo al dilagare di tanto crimine significa che tutta quella roba non ha funzionato e allora ci pensa il governo con il suo “bisturi”. Perché la criminalità giovanile, dice il ministro, è un “cancro”, e contro il cancro non c’è prevenzione che tenga. Ricorda (ripete, direi) la prolusione di un famoso poliziotto che dopo aver snocciolato i punti di emergenza della società in mano al disordine spiega che “Ad altri spetta il compito di curare e di educare, a noi il dovere di reprimere! Repressione è civiltà!”. Solo che era un film e il poliziotto era un attore, mentre lui, Nordio, è proprio vero: e pare che sia ministro della Giustizia, non un celerino.

Ma la chicca offerta ai lettori dal Guardasigilli in rispolvero editoriale è ancora un’altra, eminente nel castone di amenità da cui gemma sconsolante come una pietosa rivelazione: e cioè che queste riforme non sono state rimuginate in proprio e infine regalate inopinatamente al Paese bisognoso di rastrellamenti e nuove fattispecie delittuose, macché. Al contrario, dice il ministro, “i provvedimenti rigorosi da noi adottati ci erano stati in gran parte suggeriti dai magistrati di Napoli” (nonché, aggiunge Nordio, da don Patriciello, e nemmeno qui si tratta di un film). Si prenda nota, dunque, del fatto che a certificare la bontà e l’appropriatezza delle misure propinate dal governo è la matrice parrocchial-togata che esse possono vantare, altro che balle: queste politiche sono state messe in campo previe debite consultazioni con gli ex colleghi magistrati e con i sacerdoti anti-baby gang (per il prossimo decreto chiede consiglio alle guardie giurate, ai buttafuori delle discoteche e al generale Vannacci).

Abbiamo scritto più volte - perché ripetutamente, purtroppo, ve ne è stata occasione - che solo chi si era illuso sulle attitudini liberali di questo governo può dirsi oggi deluso nel vederle a dir poco inespresse, quando non contraddette da un lungo corteo di scelte opposte, nel concreto sviluppo della linea esecutiva di maggioranza. Né consola appartenere ai pochi che non si sono mai illusi e avevano odorato dall’inizio che in questa materia gli intendimenti di governo sentivano di corda e sapone, lo strumentario che una volta al dunque fa pulizia di tutta la chiacchiera sulla riforma in senso garantista e liberale della giustizia.

Aver previsto l’andazzo è semmai ulteriormente sconsolante, come non piace constatare quanto fossero fondati i timori che l’azione del governo fosse ispirata a non irritare, quando non a compiacere senz’altro, le sensibilità reazionarie della magistratura militante. Certo - dobbiamo confessarlo anche noialtri smaliziati - fa trasecolare apprendere che per il ministro non è solo normale, ma pure motivo di vanto, aver in questo caso lavorato su diretta delega giudiziaria, coi “magistrati di Napoli” in posizione di suggeritori delle politiche educativo-carcerarie disciplinatamente recepite dal reatificio di Palazzo Chigi.

Il problema sta peraltro nel fatto che mentre è facile aggravare di figure delittuose e pene e presidi sanzionatori un ordinamento che ne è già gravido ed è assuefatto ad agghindarsene, è invece difficilissimo scrostare poi quell’accumulo che lo indurisce diventandone parte integrante: si è fatto presto a far male, e si faticherà e si tarderà a porvi rimedio quando un po’ di ragionevolezza avrà fatto comprendere che si è commesso un errore. E nel frattempo, senza nessuna contropartita di presunta sicurezza, senza nessun riscontro di ordine ripristinato, a pagare saranno sempre le solite vittime: i diritti delle persone, ora anche in adolescenza, e questa loro residenza sempre più scassata, lo Stato di diritto sempre più incappottato di sbarre.