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di Linda Laura Sabbadini

La Repubblica, 6 giugno 2022

La parità di genere non sta diventando realtà. Siamo disperatamente lenti. Lenti soprattutto nel capire la gravità della situazione. E guardate, non si tratta di vittimismo, nè di voler sottolineare a tutti i costi gli aspetti negativi. Dobbiamo fare i conti con la dura realtà, per essere più forti nella volontà e nella capacità di modificarla radicalmente. Questo fa una democrazia moderna che voglia vivificare i diritti di tutti e in questo caso delle donne. Questo fa una democrazia che voglia riconquistare la fiducia nel cambiamento di tanti cittadini e cittadine del Paese. La fiducia in un Paese migliore.

Ne abbiamo discusso al Festival internazionale dell’economia a Torino con Daniela Del Boca, Alessandra Casarico, Aline Pennisi e Paola Piva al panel “Questioni di genere: disuguaglianze nel lavoro e nella famiglia”. Ne abbiamo discusso al Festival dell’economia a Trento al panel “La parità di genere sta diventando realtà. Ostacoli e obiettivi raggiunti” con Monica D’Ascenzo e Paola Villa. I numeri parlano.

Meno di metà delle donne in Italia lavora secondo i dati Istat della media annua 2021 (49,4%). In Europa la percentuale è 63,4%. Stiamo 14 punti sotto l’Europa. Mi direte, ma il problema è il Sud! E invece no. Non è solo il Sud. Nel Mezzogiorno la situazione delle donne è tragica. Pensate, in Campania e in Sicilia il tasso di occupazione femminile è al 29,1%. Nel complesso del Mezzogiorno solo una donna su tre lavora. Ma non vi credete che il Nord del nostro Paese sia così avanti! Regioni come la Lombardia, il Piemonte, il Veneto, non hanno ancora raggiunto il 60% di tasso di occupazione femminile, che era obiettivo per l’Europa per il 2010. Stanno anche loro sotto la media europea. Ce la vogliamo dire tutta? Nessuna regione italiana raggiunge la media europea, tranne Bolzano con il 63,7%, poco al di sopra. E ci ha superato Malta, la Spagna, nel terzo trimestre del 2021 anche la Grecia.

Il problema viene da lontano e non lo abbiamo affrontato seriamente in nessuna fase della nostra storia. È diventato un problema strutturale del Paese. Quando capiremo che siamo in emergenza e che non si può andare avanti con misure che solo indirettamente, forse, produrranno occupazione femminile, a condizione che vengano messe in atto in modo appropriato, forse risolveremo il problema. Quando si è insistito su transizione ecologica e digitale si è addirittura vincolato il Pnrr ad una quota precisa di investimenti da avviare. Ma guardiamoci negli occhi, abbiamo fatto altrettanto sulla questione del lavoro femminile e delle infrastrutture sociali? No. Pensiamo veramente che gli stanziamenti per l’imprenditoria femminile possano essere sufficienti? Stiamo parlando di milioni di euro non di miliardi di euro come per altre voci. Pensiamo veramente che l’introduzione della clausola di condizionalità per l’assunzione su progetti Pnrr di un 30% di donne o giovani possa essere una soluzione, quando sono possibili scappatoie, come dice la norma, se ben argomentate? Dubito. Pensate veramente che 10 giorni di congedo di paternità possano essere sufficienti ad affrontare il problema della condivisione delle responsabilità genitoriali?

Non sto assolutamente sminuendo le azioni messe in atto. È importante l’inserimento dei LEP in finanziaria per garantire la copertura delle spese correnti per i nidi che verranno costruiti o ristrutturati sulla base del Pnrr. Così come lo è stato lo sblocco delle assunzioni nel settore pubblico che potrà portare nuova linfa femminile e giovanile all’interno della PA.

Ma sulla parità di genere serve un piano di azioni di sistema che non c’è, con valutazione di impatto. È questo il vero nodo. È ora che la parità di genere diventi una vera priorità del Paese. Non a parole.