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di Sandro De Riccardis

La Repubblica, 7 febbraio 2024

“Amarezza per un incontro pensato per chi è in carcere” dicono dalla sala dopo la decisione del ministero di Giustizia di vietare l’evento a San Vittore. Il presidente emerito della Consulta: “Si entra in carcere per migliorare e non per marcire”. Resta l’amarezza e lo sconcerto, e un senso di disorientamento per un’iniziativa che doveva essere un dialogo con i detenuti di San Vittore che a lungo avevano atteso questo appuntamento, preparando interventi e riflessioni sul senso della detenzione e del reinserimento, anche leggendo il libro che i due autori avevano loro regalato. E invece, il presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato e la giornalista Donatella Stasio, autori del libro “Storie di diritti e di democrazia. La corte costituzionale nella società”, sono stati accolti nella grande sala della biblioteca Ambrosoli del Tribunale di Milano, dopo il divieto del Dap al loro incontro a San Vittore.

“Non faccio dichiarazioni su questa vicenda. Non ha senso - è stato l’unico commento dell’ex presidente del Consiglio, prima che iniziasse l’evento -. È curioso che cerchiate di farmi rispondere. Sono nato a Torino ma il Regno Sabaudo comprende anche la Sardegna”.”Restiamo sconcertati, e siamo in attesa di una risposta democratica”, ha ribadito il Garante dei detenuti di Milano Francesco Maisto, ritornando a parlare del diniego da parte del ministero della Giustizia, arrivato a meno di ventiquattrore dall’iniziativa, senza una motivazione, e che ha costretto gli organizzatori a una corsa contro il tempo per spostare la sede dell’appuntamento e avvisare ospiti e relatori.

“Accogliamo i relatori, ma non ci sono i detenuti - ha commentato il professore Antonio Casella, coordinatore del gruppo di lavoro in carcere “Costituzione Viva”, che lavora dal 2018 all’interno della casa circondariale milanese -. Questo incontro era pensato per loro, che avevano preparato diversi interventi su argomenti di attualità. Resta un rammarico forte”. “San Vittore è in questo momento in grande sofferenza, con un elevatissimo sovraffollamento - ha detto anche Valentina Alberta, presidente della Camera penale. La forza di organizzare questo evento doveva essere ben diversamente apprezzata”.

Nel suo intervento, Giuliano Amato si è soffermato sul senso della pena e sul ruolo della Corte costituzionale, che incide nella vita dei cittadini e deve restare un luogo estraneo alle logiche della politica. “Sulla questione delle carceri, la cultura costituzionale in Italia non esiste. Sta prendendo sempre più piede che nel carcere si entra solo per essere puniti. In realtà, il carcere esiste per migliorare e non per marcire lì fino a quando uno non muore o si procurerà la morte. Il carcere - ha continuato Amato - non è punizione ma rieducazione. Occorre che gli italiani si chiariscano le idee e capiscano che tutti possono migliorare”.

Amato rivendica anche la decisione della Consulta sul “fine vita”. “Io sono corresponsabile della decisione sul suicidio assistito e credo che abbiamo adottato una giusta decisione - ha spiegato - ma sento la responsabilità della difficoltà che questa decisione ha per essere applicata perché manca ancora ciò che ci deve mettere il Parlamento. Creare (Prendere decisioni, ndr) in tempi così difficili di politica radicalizzata e di rischio per le corti, se vengono messe alla gogna con partigianerie politiche, è angoscioso”. E ha avvertito: “Guai pensare la Corte come un luogo dove piazzare i propri uomini”.