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di Ilario Ammendolia

Il Dubbio, 28 settembre 2023

A settembre in Calabria lo Jonio è di un azzurro accecante e la brezza ti porta un’aria frizzante sin nei polmoni. I colori sono così forti che penetrano nel cervello e predispongono all’allegria mentre un tiepido sole autunnale ti accarezza e senti una forte voglia di vivere. Poi basta un attimo: si varca la soglia del carcere di Locri ed il sole scompare, il mare non si vede, l’angoscia ti afferra alla gola. La prima cosa di cui sono privati i carcerati è la luce del sole, un bene che. costa nulla e potrebbe dare tanto a coloro che vi sono rinchiusi dentro. Invece niente luce solare e dopo qualche giorno tutti hanno bisogno del sedativo. La prima vittima del carcere è la ragione umana.

Va in crisi nei detenuti ma non lascia indenne molti magistrati, uomini d’ordine, perbenisti, insomma coloro che invocano e utilizzano il carcere come fosse acqua santa. Si potrebbe legittimamente pensare che entrando nel carcere di Locri, la prima cosa che incontri sono gli uomini della ndrangheta. Non è così e, per quanto incredibile possa sembrare, la sezione più affollata è piena di poveri diavoli dallo sguardo perso e dagli occhi tristi. Sono gli ‘scafisti’ cioè autentici disgraziati che per fuggire dalle dittature, delle guerre e dalla fame hanno accettato di tenere il timone nell’ultimo tratto del loro viaggio. Se la carretta del mare dovesse affondare andrebbero a fondo come tutti gli altri.

Anche un bambino potrebbe comprendere come il ‘reato’ contestato a questi profughi è finalizzato a trasformarli in ‘trafficanti di uomini’ ed è stato fabbricato in vitro in laboratori dii assoluta avanguardia dove lavorano insieme il meglio della politica e della stampa. Insieme operano una fredda e studiata manomissione della lingua parlata per mettere alla gogna gli indifesi ed assolvere i responsabili della immane tragedia che si consuma sotto i nostri occhi.

Non è un caso se nel lugubre braccio del carcere riservato agli ‘scafisti’ ti senti addosso mille occhi che ti domandano ‘perché mi trovo qua?’. ‘Perché ci fate questo?’. Li guardo e abbasso gli occhi perché sono perfettamente consapevole che tra me e loro il colpevole sono io. Colpevole in linea storica per le guerre e le rapine di cui siamo responsabili come italiani e come europei; colpevoli di una responsabilità collettiva che per pigrizia e per ‘quieto vivere’ consente a coloro che, in nostro nome, ci governano di trasformare gli ultimi della terra in delinquenti e mettere alla sbarra chi, come a Riace, ha cercato di aiutarli.

Il carcere è pieno degli scarti del mondo. Le altre sezioni non fanno eccezione. Se nella sezione stranieri, gli esuli sono chiamati delinquenti nelle altre sezioni ci sono tanti detenuti che potrebbero essere innocenti ma il carcere preventivo infligge loro un acconto di pena. Nelle celle vi sono i figli dell’ignoranza, del degrado, delle abitazioni in cui non entra mai il sole La dimostrazione è nel filmato che vediamo nel pomeriggio e che viene introdotto e commentato dal Presidente del tribunale di Locri che ha incluso quattro detenuti in un bel progetto per riordinare gli archivi. È bastato un po’ di fiducia, magari di affetto e di dialogo per trasformare i quattro ‘delinquenti’ in ‘persone’ a cui potreste tranquillamente affidare le chiavi delle proprie case’. (parole del presidente del tribunale).

Quindi si può? Si può immaginare un carcere in linea con l’art. 27 della Costituzione? Si può pensare ad un carcere che debelli e disarmi i delinquenti piuttosto che spingerli verso la perdizione? Allora perché questa stupida istituzione medioevale chiamata carcere continua a macinare vite che potrebbero essere salvate o a formare delinquenti invece che recuperarli alla società? C’è chi gode, perché ammalato, a mandare in carcere le persone quando invece lo si potrebbe limitare ai pochissimi casi in cui è strettamente necessario, rendendolo sicuro, rieducativo ed umano così come prevede la Costituzione.

Non lo si vuole fare. Perché il carcere, questo tipo di carcere, oggi come mille anni fa, è uno strumento di governo. Una minaccia verso i cittadini. Un potere di casta e di caste. Una pistola alla tempia degli innocenti. Soprattutto, una risposta sbagliata al bisogno di rivolta lungamente represso. E non a caso i calabresi che storicamente avvertono con forza il bisogno di Rivolta rappresentano il numero più numeroso tra i detenuti. Danno una risposta sbagliata a problemi veri.

Siamo già nel pomeriggio quando con una delegazione di ‘Nessuno Tocchi Caino’ e della Camera penale di Locri usciamo dal carcere. La brezza è caduta, il sole ci appare malaticcio, le televisioni sono sincronizzate sul pensiero unico. Comprendi quanto è difficile la lotta per ribaltare le convinzioni di un ‘opinione pubblica’ gabbata e incattivita contro gli innocenti. Una lotta impari a cui però non ti puoi sottrarre. È la nuova frontiera della Resistenza.