sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Francesco Strazzari

Il Manifesto, 6 ottobre 2023

Ue e Usa al voto. Si è aperto un ciclo elettorale in cui la destra nazionalista e sovranista sente di avere forti chances solo se cavalca la frustrazione alimentata dagli effetti manifesti della guerra stessa. Lo scenario che Putin da tempo aspetta per rifiatare militarmente, mentre commentatori anonimi e troll cercano di catalizzare il sostegno dell’opinione pubblica di sinistra.

Attrito, attrito e ancora attrito. Le forze di terra ucraine non avanzano. Quand’anche lo fanno come la scorsa settimana, aprendo una breccia sulle linee di difesa dell’invasore sufficiente a far transitare mezzi corazzati, non riescono a consolidare i fianchi, esposte come sono a un ampio ventaglio di armi dal cielo e dal mare, frenate dalla comparsa di nuovi campi minati. Per quanto sia esteso il fronte, l’abbondanza di droni da ricognizione e di dispositivi sempre più versatili rende estremamente difficile pensare a un effetto sorpresa.

Nel frattempo si è aperto un ciclo elettorale in cui, a partire dal voto nei paesi dell’Europa orientale fino alla campagna elettorale americana, passando per le elezioni europee di primavera, la destra nazionalista e sovranista sente un po’ ovunque di avere forti chances solo se cavalca la frustrazione alimentata dagli effetti manifesti della guerra stessa, mostrandosi protettiva verso il proprio bacino elettorale e facendo leva sugli interessi consolidati.

Su tutto valgano, a titolo di esempio, gli umori che aleggiano sulle elezioni polacche, pervase allo stesso tempo da un sentimento anti-russo, anti-ucraino e antieuropeo. Un’Europa dei sovranismi, sembra quasi pletorico ricordarlo, è un’Europa debolissima. Questo è lo scenario che Vladimir Putin da tempo aspetta per rifiatare militarmente, mentre - surfando gli algoritmi - imperversano un po’ ovunque commentatori anonimi e troll che, impugnando uno stile anticonformista e dichiarandosi “fuori dal coro del mainstream”, cercano di catalizzare il sostegno dell’opinione pubblica di sinistra, per le agende che la alt-right propugna ormai ovunque: operazioni già viste, spesso studiate a tavolino.

Di nuovo c’è che alla fine sull’Ucraina è uscito del tutto allo scoperto Elon Musk, sulla piattaforma X (ex Twitter) di cui è proprietario. Non è una cosa di poco conto, dato l’impatto che può avere, tanto sul campo (la tecnologia satellitare Starlink impiegata dagli ucraini) quanto sull’opinione pubblica in diversi paesi. Difficilmente la guerra terminerà a breve. L’attrito del combattimento continuerà a logorare le parti, le innovazioni tattiche si susseguiranno, la logistica continuerà a essere presa di mira, l’innesto di nuove armi ed equipaggiamenti sposterà l’asse dello scontro, la politica internazionale continuerà a produrre novità e riconfigurazioni.

Di certo c’è che il Cremlino, dopo le cataste di morti e crimini di guerra che continuano (da ultimo il bombardamento di un caffè, ieri, con decine di vittime), non ha spostato di un millimetro gli obiettivi dichiarati della propria “operazione speciale”. Non diversamente da quanto sta facendo Erdogan nel Kurdistan o nel Caucaso (tramite l’alleato azero, pronto a una nuova offensiva nel sud dell’Armenia), Putin non si fermerà se non verrà fermato. Qui c’è una sfida di tenuta per le democrazie rispetto alle proprie contraddizioni, quelle interne così come quelle che riguardano la conduzione della propria politica estera. Come già la guerra in Siria, che vive una nuova fase, la guerra in Ucraina si ricollega alle crescenti tensioni che si innervano lungo le tettoniche internazionali. La guerra non è vicina alla fine. Chi si prodiga per la pace dovrà continuare a difendere la distinzione, minacciata da continue campagne di propaganda, tra incalzare la logica della guerra e cedere alla ragione del più spietato.