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di Flavia Amabile

La Stampa, 14 marzo 2023

Parla Massimo Barra, fondatore di Villa Maraini, agenzia della Croce Rossa sulle dipendenze: “Un’idea che va nella direzione giusta ma bisogna fare attenzione per evitare che le comunità si trasformino in lager”.

Massimo Barra è il fondatore di Villa Maraini, l’agenzia della Croce Rossa che si occupa di tossicodipendenze. Dal 1979 ha creato il progetto carcere con attività per i detenuti, conosce abbastanza la materia da intuire anche i rischi legati al progetto del governo di far uscire i tossicodipendenti dalle carceri.

“Avendo combattuto per almeno 30 anni proprio perché i tossicodipendenti non vadano in carcere, mi sembra che sia un progetto che va nella direzione giusta. Punizione e terapia sono incompatibili, non possono essere realizzati nello stesso posto. Lo abbiamo sempre detto, siamo fra i pochi che offrono ai tossicomani delle alternative al carcere. Però le buone intenzioni non bastano”.

Cos’altro serve?

“Conoscendo la burocrazia italiana - e soprattutto romana - temo che ci saranno tanti paletti e ostacoli che renderanno difficile realizzare davvero quest’idea. Temo molto anche l’ignoranza di chi si occupa di materie con cui non ha dimestichezza. Parlare solo di comunità terapeutica è riduttivo, i tossicodipendenti hanno bisogno anche di centri antidroga”.

Le comunità non sono il luogo più adatto per il recupero di un tossicodipendente detenuto?

“Nelle comunità la terapia assomiglia a un vestito uguale per tutti, a qualcuno va stretto ad altri largo, è difficile che sia davvero efficace. Chi sa poco di droga non si rende conto che si rischia di mandare persone in comunità terapeutica per non lasciarle in galera. Può capitare che la comunità funzioni e quindi si crei un effetto positivo se il soggetto da recuperare è motivato. Ma se non lo è, c’è il rischio che si faccia espellere perché la comunità deve mantenere la sua ortodossia. O si rischia che venga costretto ad uniformarsi. In questo caso la comunità diventerebbe un lager, come San Patrignano all’inizio. Non è così che deve funzionare il recupero. È la terapia che deve adattarsi al tossicomane non il contrario. E serve la continuità terapeutica, un’attività lunga, una cosa seria che va fatta da gente competente”.

Il governo sa che non basteranno le strutture esistenti ed è convinto che gli operatori prenderanno in affitto o acquisteranno nuove sedi. Le sembra realistico?

“La terapia non è una questione logistica. Dire che basti acquistare una casa e metterci dentro chiunque è una dimostrazione di imperizia e di ignoranza su questo argomento. Servono hub in grado di offrire una serie di terapie commisurate alle esigenze delle persone. Servono professionisti impegnati nel rispetto del malato. Il malato va rispettato, non punito come un peccatore”.