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di Enrico Ferro

La Repubblica, 7 novembre 2023

Anche lo Stato comincia a non pagare i praticanti. Era previsto un rimborso spese di 400 euro, ma ora non viene più garantito perché il plafond non basta per tutti. I ragazzi scrivono una lettera a Nordio. Il praticante avvocato che lavora senza prendere il becco di un quattrino, il tirocinante giudiziario che si fa 18 mesi con lo stesso trattamento economico, cioè nemmeno un soldo. Dal privato al pubblico, stesso malcostume tutto italiano: non pagare i giovani appena usciti dall’università nella fase di formazione. Alle storie dei praticanti avvocati non pagati ci si era in qualche modo abituati ma che adesso anche lo Stato, cioè il pubblico, cominci a fare lo stesso, questo è un orizzonte ancora tutto da esplorare.

“Se anche quando lavoriamo, dopo aver speso tanti soldi per la nostra formazione, nemmeno ci viene riconosciuto il minimo indispensabile, allora fa bene chi se ne va all’estero”, dice combattiva Camilla Santocchio, 27 anni, originaria di Salerno, laureata in Giurisprudenza alla Luiss. Il problema, dunque, è il seguente. Esiste questa figura del tirocinante giudiziario, che presta servizio nei tribunali, in Cassazione e al Consiglio di Stato. Sarebbe previsto il pagamento di 400 euro mensili a titolo di rimborso ma ormai da tempo l’automatismo è saltato. E i soldi che il Ministero della Giustizia mette a disposizione non riescono a coprire l’intero plafond dei partecipanti. “A fronte di 3586 domande, 2872 hanno trovato accoglimento. Sono pertanto rimasti esclusi 714 tirocinanti giudiziari dall’assegnazione della borsa di studio, i quali non percepiranno alcun rimborso per lo svolgimento delle loro mansioni durante il periodo di riferimento”, scrivono i tirocinanti d’Italia in una lettera indirizzata al ministro della Giustizia Carlo Nordio.

“Lettera che abbiamo inviato il 26 ottobre e per cui non abbiamo ancora ricevuto risposta”, evidenzia Camilla Santocchio. “Il tirocinio fino a poco tempo fa era l’unica modalità prevista per poter poi accedere al concorso in Magistratura, una volta completati i 18 mesi. Ora questo blocco è stato tolto ma il problema del mancato pagamento delle borse resta”.

I tirocinanti sostengono che il loro lavoro sia in qualche modo equiparabile a quello di una figura già presente nei tribunali, l’addetto all’ufficio del processo: lavoratori assunti a tutti gli effetti, con uno stipendio che si aggira intorno ai 1.600 euro al mese. “E invece a noi non pagano nemmeno i 400 a titolo di rimborso spese”, continua Santocchio. I possibili futuri magistrati di domani denunciano situazioni deficitarie sotto tutti i punti di vista.

“Dobbiamo portarci il pc da casa e siccome nei tribunali non c’è il wi-fi, dobbiamo collegarlo al nostro telefonino, consumando i giga della nostra connessione. Io l’ho fatto a Roma e lavoravamo anche fino alle 18”. Al tribunale di Roma, giusto per dare un riferimento numerico, sono 110 i posti previsti per i tirocinanti giudiziari. “Il problema non nasce oggi con questo Governo”, specifica Camilla Santocchio, a nome della categoria. “È un’eredità che si trascina da qualche tempo ma non riusciamo a scorgere la voglia di risolvere il problema. Non chiediamo qualcosa di impossibile, semplicemente che vengano rispettati i nostri diritti. Se a 27-28 anni non riusciamo neanche ad avere 400 euro al mese da questo Stato, come possiamo mettere su famiglia presto o andare via da casa? Chi fa Giurisprudenza lo fa per restare nel proprio Paese ma se le porte sono chiuse, allora l’unica alternativa è andarsene. Per questo chiediamo che il Governo si mobiliti, per dare più tutele. Ma non solo quest’anno, anche i prossimi”.