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di Lorenzo Moroni

Il Giorno, 19 giugno 2023

Kalica (ricercatore universitario ed ex detenuto): l’estate il periodo più brutto, tutte le attività sono sospese. “Manca spazio vitale. Il reinserimento garantito a chi può avere l’affidamento all’esterno e crearsi legami”. “Un biglietto dell’autobus pagato dal carcere e una prospettiva di vita tra mense popolari e dormitori comunali. Oppure, una rete di sostegno e un lavoro che ti attendono, solo però se hai potuto usufruire dei benefici penitenziari”. È un crocevia tra possibilità di riscatto e oblio ciò che trova un ex detenuto fuori dalla prigione, quando il fine pena non è più un miraggio. Lo sa bene Elton Kalica, 47 anni, albanese, oggi dottore di ricerca all’Università di Padova, ma fino al 2011 detenuto modello (11 anni, tre mesi e 15 giorni vissuti dietro le sbarre in Italia).

La Costituzione dice che la pena deve rieducare il reo, favorirne il reinserimento nella società...

“Il rapporto di Antigone fa capire che la situazione è drammatica. E adesso che arriva l’estate, i detenuti sono spaventati”.

Perché proprio ora?

“È il periodo più brutto. Per il caldo e perché vengono sospese le attività che consentono di uscire un paio d’ore dalla cella e di avere contatti. Il numero dei morti cresce e non solo per le malattie”.

Nel 45% dei casi verificati da Antigone, le celle garantiscono 3 metri quadri calpestabili...

“Le carceri italiane, anche le ‘carceri d’oro’ costruite a fine anni ‘80 inizio ‘90, nel 90% dei casi non prevedono nemmeno spazi necessari per attività culturali e lavorative, fondamentali per la rieducazione. Ogni riforma si fa a costo zero. Ma serve spazio”.

Quanto pesa l’ozio forzato?

“La psiche è messa a dura prova. Anche il silenzio, in certi contesti, è una forma di violenza. Chiudere in cella una persona senza che possa interagire ha ripercussioni soprattutto in chi deve scontare lunghi periodi e per chi ha già problemi psichici. Le carceri sono piene di detenuti psichiatrici. Non dovrebbe essere così, ma non c’è soluzione. Ho visto persone trasformarsi quando gli è stato assegnato un compito oppure sono state invitate a partecipare a un’attività”.

Il lavoro in carcere, solo poche ore a testa...

“Pulizie, porta vitto e lo ‘spesino’ sono a rotazione, in una logica di ridistribuzione della risorsa, per avere uno stipendio mensile di circa 140 euro. Il porta vitto è il lavoro più infame. Un mestolo di riso, 80 grammi, a testa. Se sbagli e a qualcuno ne dai di più, poi resti senza per gli ultimi della fila...”.

E se non lavori non guadagni...

“La situazione ancora più drammatica è nelle case circondariali, dove o hai aiuti esterni o devi rivolgerti al prete. Ti danno 5 euro per telefonare. Le necessità immediate sono i soldi per i francobolli e per le chiamate. C’è chi elemosina, cella per cella caffè, zucchero e olio”.

E se uno volesse studiare?

“È l’unico diritto rispettato. Bisogna solo procurarsi i libri. Il diploma garantito è quello di terza media (150 ore) e per legge c’è la scuola superiore in almeno un istituto per regione. Ma se vuoi la laurea devi studiare da solo e trovi un po’ di silenzio solo se ti chiudi in bagno come facevo io. Quando volevo dare i primi esami, per alcuni docenti è stato difficile convincersi a venire, pensavano fosse volontariato. Oggi sostenere l’esame in carcere è un diritto garantito”.

Come è cambiata la situazione oggi?

“Ero l’unico albanese. Ora ci sono soprattutto stranieri e italiani figli di immigrati. Ragazzi trattati da stranieri solo per il colore della pelle, pieni di rabbia e poveri. E se devono scontare una pena breve (il 50% meno di tre anni) non gliene frega niente di rigare dritto rispetto a chi ha una pena lunga e tutto l’interesse di accorciarla”.

E quando la pena finisce?

“Esci solo con la tua borsa e il biglietto del bus che ti passa il carcere. E se non hai soldi da parte ti resta solo quel biglietto. Ma se in carcere hai avuto la possibilità di usufruire della semilibertà e dell’affidamento esterno per lavorare, riesci a mettere da parte qualcosa e a crearti una rete di sostegno che ti tornerà utile; se per il tipo di reato, in particolare quello ostativo che esclude l’accesso ai benefici penitenziari, non hai lavorato con l’esterno, ti restano solo mense popolari e dormitori comunali”.