sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Mario Di Vito

Il Manifesto, 12 gennaio 2024

Continuano i lavori in commissione: Iv e Azione ormai organiche alla destra, M5s sulle barricate, il Pd invece fatica a compattarsi. L’offensiva della destra sulla giustizia continua ad avanzare, passo dopo passo, lenta ma inesorabile. Niente di nuovissimo, in realtà: in commissione, al Senato, si sta votando il ddl Nordio, i cui contenuti sono noti dall’estate, così come è noto da mesi che la maggioranza avrebbe fatto muro davanti alle proposte di modifica dell’opposizione. E così, dopo il colpo di spugna sull’abuso d’ufficio, la martellata alla legge Severino e la spallata al reato di traffico d’influenze, ieri è arrivata la stretta sulle intercettazioni: un emendamento di Pierantonio Zanettin di Forza Italia non consentirà l’inserimento nelle trascrizioni di “dati che consentono di identificare soggetti diversi dalle parti”. Non solo: le conversazioni tra gli indagati e i propri avvocati andranno di strutte. La maggioranza ha votato sì in maniera compatta, con l’aggiunta di Italia Viva.

Lega e Forza Italia, poi, hanno portato a casa anche un altro risultato destinato a far discutere non poco: i test psicoattitudinali ai magistrati, questione che sarà inserita (dal solito Zanettin) nel dl da approvare in commissione entro la fine del mese. “Quando ero ministro della Pubblica amministrazione - ha detto la presidente di commissione, la leghista Giulia Bongiorno - nessuno si meravigliava che i test fossero imposti ai dipendenti. È normale che siano necessari per un lavoro di grande responsabilità e delicatezza come quello dei magistrati”. All’ipotesi, che circola in varie forme e modi sin dai tempi di Berlusconi, i magistrati sono da sempre contrarissimi. Non è del tutto un caso, in questo contesto, l’attacco (quasi) a freddo inserito en passant da Nordio in una delle sue risposte al question time di ieri al Senato. Il tema riguardava le esternazioni dei magistrati: “Stiamo valutando anche interventi legislativi perché hanno raggiunto un livello di intollerabile denigrazione dell’intero corpo della magistratura. Èil minimo di buonsenso ribadire il concetto per cui un magistrato deve non solo essere ma anche apparire imparziale”. Sullo sfondo si agita il vero spettro della legislatura: la separazione delle carriere, la madre di tutti gli scontri tra politica e magistratura. Nordio la farebbe pure subito, ma a palazzo Chigi si sa che il tema darà luogo a uno scontro rispetto al quale quelli in corso (e quelli passati) sono una passeggiata di salute.

E se, in attesa del colpo grosso, il governo continua a cambiare i connotati della giustizia italiana mattoncino dopo mattoncino, le opposizioni non riescono in alcun modo a compattarsi: Iv e Azione sono in tutto e per tutto organiche alla maggioranza, il M5S - coerentemente con la sua storia giustizialista - ha gioco facile a gridare allo scandalo un giorno sì e l’altro pure. E il Pd inciampa continuamente nelle sue contraddizioni: sull’abuso d’ufficio, ad esempio, da un lato abbiamo il corpaccione parlamentare del partito che si è espresso contro la soppressione voluta dalla destra, mentre molti sindaci hanno esultato perché da tempo chiedevano che quel reato venisse cancellato dal codice penale. In questo contesto a poco serve la rivendicazione di aver presentato diverse proposte di revisione dell’abuso d’ufficio (tutte respinte dal parlamento), perché le posizioni interne sono chiare e ormai cristallizzate: “L’abolizione è una vittoria di tutti”, dice il sindaco dem di Pesaro Matteo Ricci. “Cancellare dal nostro ordinamento quel concetto è da forze politiche autoritarie”, ribatte l’ex Guardasigilli Andrea Orlando. “Continueremo a batterci per tutelare i sindaci e la legalità. Tenere insieme queste sfide è possibile a partire dalle nostre proposte che sono concrete - si legge in una nota firmata dalla responsabile per la giustizia Debora Serracchiani e dai capigruppo nelle commissioni di Senato e Camera Alfredo Bazoli e Federico Gianassi - l’abrogazione è una risposta sbagliata ad una domanda giusta”. Il problema è che ormai il treno è partito, e difficilmente lo si potrà fermare chiedendo la modifica di un reato in via di abrogazione.

E mentre i dem cercano di far quadrare il proprio cerchio, Giuseppe Conte prepara la sua controffensiva: “Non vogliamo tornare alle immagini dei cittadini che tirano le monetine ai politici. Vogliamo fare di tutto per allontanare il ritorno di quelle immagini. Siamo molto preoccupati, cerchiamo di riportare l’attenzione sulla questione morale”, ha detto l’ex premier rilanciando la più antica delle sue proposte, firmata all’inizio della legislatura, come primo atto: una legge sul conflitto d’interessi.