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di Piero Sansonetti

L’Unità, 1 febbraio 2024

Matteo Salvini ci ha spiegato che se Ilaria Salis verrà condannata da un tribunale ungherese per avere preso a schiaffi due nazisti che stavano commemorando l’attività delle SS, l’Italia dovrà preoccuparsi di impedire a questa signora di insegnare nelle nostre scuole. Ilaria Salis è attualmente insegnante alle elementari. Dice Salvini che non è il caso di affidare l’educazione dei nostri bambini a una maestra che prende a schiaffi i nazisti. In realtà Ilaria si dichiara innocente, dice di non avere schiaffeggiato nessuno e le immagini riprese dalle telecamere, che la Procura ungherese usa come prova della sua colpevolezza, non dimostrano niente. È impossibile a chiunque riconoscere dalla forma della schiena l’identità di una persona. E le immagini mostrano solo una schiena. Francamente la probabilità che abbia abbattuto a suon di ceffoni due picchiatori nazisti non mi pare altissima.

E poi, vi confermo quello che ho scritto ieri su queste colonne: se mi capitasse di trovarmi di fronte a due nazisti che esaltano il ricordo delle SS - la più immonda polizia di tutti i tempi, responsabile della Shoah - e se valutassi di avere le possibilità fisiche e atletiche per farlo, due schiaffoni glieli rifilerei anch’io. Non trovo che ci sia proprio niente di male a prendere a schiaffi i nazisti (che invece ritengo non debbano essere processati, perché i reati di opinione non esistono, però in certi casi estremi, molto estremi, anche noi non violenti possiamo fare una deroga e tirare “ceffoni di opinione”…).

Devo dire che a parte questa scivolata sul licenziamento, e dunque sulla fiducia espressa verso la giustizia ungherese, per il resto la dichiarazione di Salvini era abbastanza garantista. Persino lui si dichiarava un pochino indignato per quelle catene applicate dalla polizia magiara alle mani e ai piedi di Ilaria, e per quel guinzaglio legato alla vita. E persino lui ribadiva il concetto della presunzione di innocenza, anche se poi accennava ad altre colpe di Ilaria Salis per atti violenti commessi in Italia, che invece non risultano a nessuno. Salvini è sempre così: in bilico tra garantismo e forca.

Il problema è che l’indignazione collettiva per quelle catene a me sembra molto ipocrita. Sento le grida di politici e giornalisti che non ho mai sentito gridare contro il sistema penale e carcerario italiano. O americano. Che non è molto migliore di quello ungherese. Parliamoci chiaro, noi teniamo in prigione nei Cpr (che sono le prigioni per i naufraghi ripescati dal mare e per i richiedenti asilo) molte centinaia di persone che non sono accusate di nessun delitto.

E le teniamo in condizioni di detenzione in molti casi uguali o peggiori delle orride condizioni nella quali viene tenuta Ilaria a Budapest e Filippo M (del quale, chissà perché, nessuno parla, tranne l’onorevole Giachetti) in Romania.

E poi noi abbiamo il regime di carcere duro, cioè un sistema di detenzione diverso dal normale sistema di detenzione, nel quale i prigionieri vengono vessati in tutti i modi, violando in modo aperto e spavaldo le regole internazionali e il famoso codice Mandela del quale i nostri governanti se ne fregano altamente. La giusta indignazione per le catene ai polsi e alle caviglie di Ilaria Salis non sarebbe l’occasione per affrontare la questione carceraria italiana? Ci sono alcuni esponenti radicali tra i quali Rita Bernardini (pubblichiamo una sua intervista a pagina 2) che stanno facendo lo sciopero della fame per chiedere ragionevoli condizioni carcerarie e la fine del sovraffollamento.

Ci sono state altre proteste per il 41 bis, cioè il carcere duro, che viola i principi, le norme e lo spirito della nostra Costituzione? Nel mondo politico qualcuno reagisce? Fa almeno finta di ascoltare? Possibile che all’iniziativa di Rita Bernardini si sia unito un solo esponente del Parlamento (sempre lui: Roberto Giachetti, che in Parlamento è uno dei rarissimi garantisti a tempo pieno, e non a senso unico)? Oltretutto andrà detto che lo scandalo vero della prigionia di Ilaria Salis non è tanto lo spettacolo delle manette e delle catene. Ma è l’accusa insensata, il rischio di pena altissima, e la condizione nella quale è tenuta in prigione.

Purtroppo le catene in tribunale non sono una specialità ungherese. È inutile dire che in questo modo si viola la civiltà occidentale. Avete mai guardato a cosa succede in America? Non dico di andarvi a rivedere le scene di tortura e di crudeltà, e di vessazione alla quale venivano sottoposti i prigionieri di Guantánamo. Considerati dall’establishment degli Stati Uniti il male assoluto e dunque fuori dalla protezione del diritto. Penso anche a quel che è successo a personaggi di un certo rilievo. Per esempio a Dominique Strauss Kahn. Era direttore dell’Fmi, ex ministro e candidato (favorito dai pronostici) alla presidenza della Francia; fu arrestato con l’accusa di tentata violenza sessuale, lui si difese e fu pienamente scagionato, ma prima di essere scagionato fu trascinato in un’aula di tribunale, a New York (dove era in visita) con le mani legate alla catena.

O per esempio Susan McDougal. Ricordate questo nome?

Era una signora che lavorava nel settore immobiliare ed era amica di Bill Clinton. Quando i repubblicani tentarono di incastrare Clinton in uno scandalo relativo alla compravendita di alcuni terreni (il White Water), la chiamarono a testimoniare perché accusasse il presidente. Lei si rifiutò. Allora la arrestarono e la tennero in galera due anni, per non avere accettato di testimoniare. Lei tenne duro. La foto di un suo trasferimento dal carcere al tribunale la ritrae in manette, catene alle caviglie e piedi nudi. Inutile che facciamo gli gnorri. In Occidente la giustizia è una schifezza che con la modernità non ha niente a che fare. E gira intorno al carcere, alle manette, all’idea di punizione, di separazione dei giusti dai malvagi e dalla cancellazione dei diritti ai presunti malvagi. E dall’idea che alla magistratura debba essere concesso potere assoluto e incontrollato sulla vita dei cittadini. Sono molto, molto contento se finalmente, forse, ce ne accorgiamo vedendo la scena di Ilaria incatenata. Spero però che non sia la fiammata di un giorno. Spero che finalmente nella politica italiana si possa cominciare a parlare non solo di abolizione delle manette in Ungheria, ma anche di abolizione delle carceri in Italia.