sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Alessandra Muglia

Corriere della Sera, 22 febbraio 2023

L’attivista in esilio negli Usa è oggi a Roma per audizioni al Parlamento: il dissenso si sta organizzando in altre forme come scioperi e disobbedienza civile e punta a trovare un leader. “La rivoluzione iraniana sta entrando in una nuova fase” assicura al Corriere Masih Alinejad, scrittrice e attivista iraniana in esilio negli Stati Uniti, arrivata oggi a Roma per audizioni nel nostro Parlamento.

La repressione del regime, fatta di torture di massa ed esecuzioni di piazza esemplari, è stata tanto sanguinosa quanto efficace: da gennaio si è ritirata l’ondata di manifestanti che si era riversata per oltre 12 settimane consecutive nelle strade di piccole e grandi città, quando la rabbia per l’uccisione di Mahsa Amini il 16 settembre si era trasformata in una delle sfide più serie per la teocrazia iraniana dalla rivoluzione islamica del 1979. “La gente era esausta, ma ora si è ricaricata e si sta preparando per il grande ritorno” continua Alinejad, autrice di The wind in my hair: my fight for freedom in modern Iran.

Un segnale che la mobilitazione non si è spenta c’è stato giovedì scorso quando i manifestanti sono tornati numerosi a marciare per le strade in più città, per marcare i 40 giorni dall’esecuzione di due manifestanti. “Altri grandi cortei sono in programma questa settimana, ma non ci saranno più manifestazioni non stop come prima. Ora il dissenso si sta organizzando in altre forme - annuncia la scrittrice-attivista - come scioperi e disobbedienza civile, con campagne che invitano a non pagare le bollette o a ritirare i soldi dalle banche e convertirli in dollari. Sistemi alternativi per fare pressione sul governo, senza rischiare il carcere e la vita”.

Da un’inchiesta della Cnn emergono dettagli raccapriccianti del sistema messo in piedi dal regime per infliggere torture su larga scala: attraverso le testimonianze di alcuni sopravvissuti la tv americana ha individuato la posizione di una quarantina di siti di detenzione improvvisati e clandestini spuntati vicino ai luoghi delle proteste. “Hanno infierito sul mio corpo con forbici e accendini, mi hanno drogato, vomitavo sangue, credevo che sarei morto, nessuno sapeva dove mi trovassi” ha raccontato uno di loro.

In questa nuova fase, la mobilitazione diventa anche politica, o almeno questo sperano gli 8 leader dei diversi gruppi dell’opposizione iraniana in esilio che sono riuniti a Washington la scorsa settimana con l’obiettivo di elaborare un unico programma per portare la democrazia nel loro Paese. Tra loro, oltre a Masih Alinejad, la Nobel Shirin Ebadi e l’ex capitano della squadra nazionale di calcio iraniana Ali Karimi. Per la prima volta da anni si è formato un fronte compatto delle opposizioni all’estero ma che questo basti a far emergere un leader all’interno del Paese non è affatto sicuro.