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di Valentina Stella

Il Dubbio, 3 gennaio 2024

Oltre 160 emendamenti, contenuti in un documento di 105 pagine, chiedono una messa a punto al ddl che porta la firma del Guardasigilli. Il 9 gennaio in commissione Giustizia del Senato, a meno che non si dia priorità al dossier sul doppio cognome come avrebbe richiesto la premier Meloni, si voteranno gli emendamenti al ddl 808, il cosiddetto “pacchetto Nordio” che contiene modifiche su abuso d’ufficio, traffico di influenze, intercettazioni a tutela della riservatezza del terzo estraneo al procedimento, contraddittorio, collegialità e misure cautelari, inappellabilità delle sentenze di assoluzione.

L’esame del testo presentato dal guardasigilli si era fermato a causa della regola per cui durante la sessione di bilancio non si possono discutere provvedimenti che comportino una spesa. E nel ddl Nordio è previsto un impegno finanziario di 1.291.000 euro per l’anno 2024, cifra necessaria per l’assunzione di 250 giudici destinati ad attuare l’introduzione del cosidetto “gip collegiale”. Ma andiamo con ordine.

Oltre 160 emendamenti, contenuti in un documento di 105 pagine, reclamano modifiche alla riforma proposta dal ministro della Giustizia. Incardinato in commissione a Palazzo Madama ad inizio agosto, il provvedimento, composto da otto articoli, si avvia dunque a un restyling. Movimento 5 Stelle, Partito democratico e Alleanza Verdi Sinistra chiedono che venga soppresso l’articolo 2, comma 1 lettera n) che prevede l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione da parte del pubblico ministero, e l’articolo 1 che intende abrogare l’abuso di ufficio, considerato da Nordio un reato evanescente. Una scelta che per le forze di opposizione, come emerso pure da varie audizioni, presenterebbe invece diverse criticità. Il Pd però ha depositato anche un emendamento per rendere ancora più chiara, tassativa e dettagliata l’attuale norma. I dem propongono poi una modifica del Testo unico degli enti locali per separare le responsabilità dei sindaci da quelle dei tecnici.

A chiedere misure più stringenti sono soprattutto Lega e Forza Italia che con un pacchetto di modifiche sembrerebbero puntare a porre un argine alla divulgazione di intercettazioni e documenti. Le loro proposte riprendono in sostanza il disegno di legge in esame sempre in commissione al Senato, depositato dal capogruppo Giustizia di FI Pierantonio Zanettin, relativo alle “Modifiche della disciplina delle intercettazioni del difensore dell’indagato e delle proroghe delle operazioni”.

Tornando al disegno di legge Nordio, la senatrice della Lega Erika Stefani chiede di modificare l’articolo 684 del codice penale (relativo alla pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale) aggiungendo la “responsabilità civile di chiunque abbia pubblicato o pubblichi intercettazioni relative a soggetti diversi dalle parti”.

Mariastella Gelmini, senatrice e vicesegretaria di Azione, propone che le testate che pubblicano atti coperti dal segreto istruttorio “decadano dal diritto all’erogazione di contributi o finanziamenti pubblici per l’anno in cui si è consumata la violazione”. E ancora, per la Lega, quando il giudice dispone la cancellazione dai supporti informatici o cartacei di “intercettazioni illecitamente pubblicate”, si deve prevedere “per ogni giorno di ritardo il pagamento di una somma non inferiore ad euro 100 e non superiore ad euro 500 a favore della cassa delle ammende”.

Sempre il Carroccio e gli azzurri puntano a vietare “il sequestro e ogni forma di controllo delle comunicazioni” tra “indagato e il proprio difensore, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato”. E “le comunicazioni e conversazioni tra difensore e indagato comunque intercettate non possono in nessun caso essere trascritte nemmeno sommariamente”. La violazione di questo divieto deve costituire, per FI e Lega, illecito disciplinare. Si prevede inoltre l’istituzione dell’albo delle utenze telefoniche dei difensori.

Sempre in ambito di garanzie, il Pd ha presentato un emendamento in merito all’interrogatorio preventivo rispetto all’eventuale applicazione della misura cautelare per salvaguardare soprattutto le esigenze difensive. Lega e FI invece vogliono intervenire sulle proroghe delle intercettazioni: quelle “successive alla prima non possono essere concesse se nel corso degli ultimi due periodi di intercettazione precedenti, comunque autorizzati, non siano emersi nuovi elementi investigativi utili alle indagini. La motivazione di tali proroghe non può essere fondata esclusivamente su elementi investigativi già utilizzati nel decreto di autorizzazione o in quello di convalida”. Se le intercettazioni riguardano persone non indagate, non potranno essere trascritte. Per gli azzurri devono andare via anche i nomi di persone estranee all’indagine.

Per Zanettin “chiunque pubblica o diffonde ovvero concorre a pubblicare o diffondere con il mezzo della stampa o con ogni altro mezzo di diffusione atti di indagine, anche parziali o per riassunto, fino al termine dell’udienza preliminare e relativi a un procedimento penale è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 7.000 a euro 35.000”. Mentre Ivan Scalfarotto di Iv vorrebbe che il giudice possa chiedere al giornalista di rivelare una fonte quando la notizia diffusa può essere rivelata solo dagli inquirenti. Questo, spiega il parlamentare, “a tutela dell’indagato e per evitare la strumentalizzazione dei giornalisti per diffondere notizie su un’indagine in corso”.

Infine il capogruppo del Carroccio Massimiliano Romeo propone di aumentare l’età per andare in pensione dei magistrati: 73 anni anziché 70. Da Fratelli d’Italia invece solo tre proposte piuttosto tecniche.