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di Giovanni Bianconi

Corriere della Sera, 1 aprile 2022

La trattativa va avanti, e per lunedì la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha annullato tutti gli impegni per proseguire “a oltranza” la prossima riunione con i rappresentanti dei partiti; l’obiettivo è trovare la soluzione per la riforma del Consiglio superiore della magistratura, e il tempo stringe.

Il capo dello Stato, che del Csm è presidente, l’altro ieri ha chiesto per la terza o quarta volta che si approvino in fretta le modifiche, in modo che l’organo di autogoverno da rinnovarsi in estate sia scelto con le nuove regole. Lo slittamento della discussione nell’aula di Montecitorio al 19 aprile ha concesso una settimana di tempo in più (la “settimana di passione” che precede la Pasqua), ma c’è urgenza di trovare un accordo per non arrivare all’appuntamento con la maggioranza spaccata. E con lo spettro del voto di fiducia.

Il punto dirimente, e divisivo, resta il sistema elettorale del Csm. La destra dello schieramento che appoggia il governo (Forza Italia e Lega) spalleggiata da Italia viva e dall’opposizione di Fratelli d’Italia, insiste per il sorteggio temperato dei componenti togati: estrazione dei candidati e poi voto. Ma la ministra - sostenuta dal Pd e dai Cinque stelle che hanno rinunciato a battere questa strada, inizialmente indicata dall’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, per concentrarsi su altre priorità - ritiene che sarebbe una modifica incostituzionale.

E una presidente emerita della Consulta non può dire sì a una riforma che rischia di essere bocciata dai suoi ex colleghi. Ancora ieri mattina i capigruppo di Forza Italia e Lega hanno ribadito che dai rispettivi vertici non ci sono indicazioni di rinunciare agli emendamenti pro-sorteggio, ma la possibile novità arriva da un’altra proposta di modifica firmata da nove deputati leghisti, di cui la responsabile Giustizia Giulia Bongiorno ha parlato direttamente con la ministra: in sostanza si suggerisce, attraverso un complicato meccanismo, di sorteggiare non gli eleggibili ma gli elettori, affidando all’estrazione la composizione dei collegi, in modo che i votanti non abbiamo una base territoriale predefinita di candidati sui quali si possano fare patti preventivi tra correnti.

Tutti dicono di voler impedire gli accordi tra i gruppi organizzati, per contrastare “logiche correntizie e spartitorie”, ma per molti il sistema maggioritario binominale proposto da Cartabia non va in questa direzione. “Del tutto inidoneo a raggiungere gli obiettivi prefissati”, l’ha definito il Csm nel suo parere; “non cambia nulla, già oggi le due correnti maggiori sanno quanti eletti avrebbero” sostiene da un’altra prospettiva Giulia Bongiorno che chiarisce: “Alla ministra ho detto che non dobbiamo fare una riforma purchessia, ma per modificare realmente le cose.

Dunque se lei vede problemi di costituzionalità nel sorteggio dei candidati, quest’altro emendamento non ne ha e porta comunque con sé un effetto sorpresa per contrastare gli accordi predefiniti”. Enrico Costa, ex forzista passato ad Azione di Carlo Calenda, invita ad affrontare meglio anche altre questioni, dalla responsabilità civile dei magistrati alle valutazioni di professionalità, “pena partorire un topolino”.

Ieri Cartabia ha definito la nuova proposta sul Csm una base su cui ragionare. Nella riunione di lunedì si vedrà se questa ipotesi sarà sufficiente a convincere anche Forza Italia e i renziani. Che propongono pure un intervento radicale per impedire di fatto la possibilità che durante la carriera un magistrato passi dalla funzione di giudice a pubblico ministero e viceversa (non più di una volta); su questo punto la ministra ha però ricordato il referendum proposto dalla Lega e fissato per il 12 giugno, che rischia di saltare se nel frattempo la legge viene modificata. E così, con l’intento dichiarato di non impedire la consultazione popolare, l’argomento potrebbe essere stralciato dalla riforma: un ostacolo in meno da superare verso l’agognato e faticoso traguardo.