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di Marco Grimaldi

L’Unità, 6 agosto 2023

In tutto il mondo si sono viste le immagini dei profughi scacciati e lasciati morire nel deserto. Di sete e di caldo. E il nostro governo fa finta che la Tunisia sia il Bengodi. È di ieri un video impressionante, in cui la guardia di frontiera libica dà da bere a migranti sfiniti abbandonati per giorni nel deserto. Ma non sono le immagini più scioccanti questi giorni. Parlo di Fati e Marie Dosso. Madre e figlia, trent’anni e sei anni. La foto dei loro cadaveri abbracciati nel deserto ha fatto il giro del mondo. “Di solito quando dormono insieme a letto, è quella la loro posizione”, ha detto il papà di Marie, sopravvissuto, che ha chiesto di riavere i loro corpi.

Sono morte di sete perché il governo tunisino di Saied, ha espulso e deportato ai confini con la Libia centinaia di migranti provenienti dall’Africa centrale e occidentale richiedenti asilo, fra cui bambini, neonati e donne incinte. Da quasi un mese denunciamo in aula a Montecitorio deportazioni di massa, a seguito di arresti arbitrari nella città di Sfax. Le persone sono abbandonate senza acqua né cibo in zone militari e inaccessibili, dopo essere state picchiate o avere subito violenze di ogni tipo da parte delle forze di sicurezza locali.

Le ricostruzioni più recenti parlano di 1200 persone espulse verso la frontiera algerina e libica. Il governo di Saied nega, sostiene che le immagini siano false, montate ad arte. Il governo Saied è lo stesso con cui stringiamo accordi per l’approvvigionamento energetico e “il rafforzamento della cooperazione bilaterale sui temi della sicurezza”. Accordi di rimpatrio onorati attentamente, visto che i rimpatri forzati in Tunisia rappresentano il 73,5 per cento del totale dei rimpatri effettuati dall’Italia. Ecco in che cosa consiste il Piano Mattei del Governo Meloni. Peccato che il fondatore dell’Eni avesse lanciato una politica di cooperazione con i Paesi produttori, a cui riconosceva il 75 per cento del reddito estratto, in aperta contrapposizione ai colossi petroliferi.

Il cosiddetto “piano Mattei” funziona invece con visite e accordi con regimi autoritari che calpestano diritti e dissenso -Tunisia, Algeria, Libia - per conto di Eni, per garantire all’Italia le forniture di gas, senza alcuna ricaduta per le popolazioni locali e anzi, spesso con effetti destabilizzanti. Il gasdotto Transmed che collega l’Algeria alla Sicilia; il Greenstream dalla Libia, che “atterra” vicino a Gela; il Tap che attraversa la Grecia settentrionale, l’Albania e il mare Adriatico per arrivare in Puglia. Si parla di un nuovo condotto Eastmed, che potrebbe portare gas Egitto e Israele. E poi ci sarà il gas naturale liquido dal Mozambico e dal Congo.

In Mozambico la corsa agli idrocarburi da parte dei colossi internazionali è alle radici della guerra civile che sta insanguinando il nord del Paese, e regalerà ai mozambicani emissioni di gas serra pari a quelle che il Mozambico produrrebbe in 49 anni. È così che li aiutiamo a casa loro? È questo il nostro grande progetto di sviluppo per l’Africa? È questa la “dimensione esterna” di cui parla la Presidente Meloni e su cui ci dovremmo concentrare? Il “piano Descalzi-Meloni” serve a prendere due piccioni con una fava: arricchire il colosso energetico e consolidare l’esternalizzazione delle frontiere. A qualunque costo, come abbiamo visto.

Alla nostra interrogazione urgente sulla gravità della situazione tunisina il Governo ci ha risposto qualche ora fa che “ritiene che nonostante gli sviluppi di queste settimane la cornice istituzionale del Paese resti sufficientemente robusta da giustificarne la qualificazione quale Paese sicuro”. Una vergogna, di cui il Ministro dovrebbe rispondere in Aula. Venire a dire davanti a tutti che garantisce per il governo Saied, con cui stringiamo accordi per l’approvvigionamento energetico e “il rafforzamento della cooperazione bilaterale sui temi della sicurezza”.