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di Alessandro Cozzi

ilsussidiario.net, 21 marzo 2023

Molti lasciano il carcere soli e senza risorse. Lo Stato non li sostiene. Allora i volontari, in altre occasioni ostacolati, diventano fondamentali. Perché succede. Le pene cui i rei sono condannati finiscono. E quando accade, si esce di prigione. Ritrovata libertà! Sicuramente è così per chi torna nel contesto di una famiglia o di un qualche gruppo pronto ad accoglierlo e accompagnarlo. Per chi non è solo, per chi ha soldi, per chi sa dove andare. Ma per i molti altri che la famiglia non hanno o non hanno più, e sono quindi abbandonati, spesso anche poveri se non miserabili, magari anziani o malati, a prospettiva non è così allettante. Succede che alcuni addirittura non ce la facciano a sopportarlo: diversi tra i suicidi che purtroppo continuano a esserci nelle carceri italiane si compiono a un passo dalla libertà. Persone così deboli e fragili da aver paura del passo oltre la soglia, che non sanno affrontare.

L’art. 43, comma 2 dell’Ordinamento Penitenziario vigente dà al Direttore dell’Istituto di pena l’obbligo di comunicare la data prevista per l’uscita del dimittendo (è così che si chiama) al “Consiglio di aiuto sociale” e al “Centro di servizio sociale” del luogo in cui ha sede l’Istituto o di quello in cui il detenuto si stabilisce. Un dettaglio curioso è che i “Consigli di aiuto sociale”, non sono stati istituti da nessuna parte; ce n’è uno a Palermo e basta.

Una chimera, dunque. Persino il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria se n’è accorto e ha mandato, già nel 2022, una Circolare che sembra dire cose ovvie, ma che evidentemente non lo sono poi tanto. Per esempio, stilare l’elenco dei detenuti in fase di dimissione, da aggiornare mensilmente (un elenco che evidentemente non c’è, se il DAP lo consiglia…), affinché vengano attivati in breve tempo gli interventi di sostegno. Favorire i momenti di incontro del detenuto con i familiari, autorizzando colloqui aggiuntivi. Assicurare durante la detenzione un’attività lavorativa, affinché ai detenuti in via di liberazione vengano fornite risorse di cui disporre alla dimissione, con la possibilità di continuarla dopo l’uscita dal carcere. L’inserimento in attività di pubblica utilità, sottolinea il DAP, andrebbe benissimo. Vanno previsti momenti di incontro tra operatori e familiari, individuando una persona alla quale ci si possa rivolgere - una volta usciti - per la risoluzione di problemi di accoglienza, ascolto, informazione e tutte le variabili collegate (abitazione, documenti, ricerca del lavoro, aspetti legati al sostegno psicologico sia per i familiari che per gli ex detenuti…). Anche all’interno degli Istituti è stata da tempo istituita una figura analoga, il cosiddetto “Agente di rete”, che deve appunto mettere in rete i vari soggetti preposti alla cura e all’assistenza delle persone. Purtroppo, parlandone in generale, gli Agenti di rete ci sono, ma di solito vengono incaricati per poche ore, assolutamente inadeguate al volume delle richieste e risultano decisamente oberati.

Colpisce una raccomandazione da parte del DAP in quella circolare: si sollecita l’assistenza del Volontariato. Gli enti del Volontariato carcerario vengono citati sia come possibili fornitori, a chi esca di prigione, di opuscoli contenenti indicazioni di luoghi dove poter mangiare e dormire, linee dei mezzi pubblici, ospedali e Centri di assistenza, sportelli del lavoro, indirizzo dello UEPE. Di fatto già lo fanno in molti luoghi di detenzione e poi come sostegno al rientro nella società.

Il Volontariato. È ben un curioso Paese, l’Italia. Quando i tanti meravigliosi Volontari chiedono alle amministrazioni carcerarie di poter mettere in piedi qualche attività, non trovano sempre strade aperte o facilitazioni, anzi! Ma quando il dimittendo è pronto e diventa, almeno potenzialmente, un problema sociale, ecco che quei Volontari che sono stati spesso contenuti o ridimensionati, diventano essenziali e vengono formalmente chiamati in causa. Così, cogliamo l’occasione per ringraziarli anche di questo. Meno male che esistono; sono un dono per chi sta dentro e per chi finalmente esce. Forse, dovrebbe essere diverso; forse, dovrebbe esserci più Stato… ma la solidarietà, l’attenzione, la carità non hanno targa. E sono sempre benedette.