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di Flavia Amabile

La Stampa, 28 maggio 2023

La donna chiede di poter decidere della sua esistenza qualora le sue condizioni peggiorassero ancora. Nessuno si azzardi a rinchiudere Laura Santi in una categoria, la disabile, la depressa, la disperata, quella che non può più muoversi, quella che vuole morire. Se proprio si vuole usare una definizione, bisogna attingere agli ossimori, gli unici in grado di rendere l’idea di chi sia davvero questa donna di 48 anni che vive a Perugia con una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla che le sta sottraendo gesti, energie, libertà. Bastano cinque minuti di conversazione per capire che Laura Santi a è un vulcano anche quando è immobile, una voce potente capace di urlare anche quando è costretta a spegnersi.

Il 20 aprile del 2022 ha presentato una “richiesta di verifica delle condizioni per poter accedere all’aiuto medico alla morte volontaria”. L’Ausl non si è premurata di risponderle, da oltre 400 giorni Laura Santi, aspetta l’autorizzazione a poter accedere al suicidio assistito. Attenzione, però, lei non intende affatto morire. Non ora. Adesso pensa alla sua nuova sedia a rotelle elettrica. L’ha battezzata Pinkie e per molto tempo l’ha temuta. “Averla vuol dire che le mie condizioni sono peggiorate”, ammette. Però il tempo è troppo prezioso per perderlo a recriminare. “Ora che l’ho avuta sono felice comunque di poter andare in giro senza essere spinta da nessuno”. E quindi programma la vacanza di quest’estate su per i sentieri delle Dolomiti con il marito Stefano Massoli, la persona che l’assiste 24 ore al giorno.

Questa è Laura Santi, una donna che ha intenzione di assaporare ogni istante di vita finché il corpo glielo consentirà. Quando non sarà più possibile vorrebbe avere in tasca il documento che rappresenta l’ultima forma di libertà che la sua malattia le offre, il suicidio assistito. Non una concessione ma un diritto, spiega lei che è anche consigliera generale dell’associazione Luca Cascioni per la libertà di ricerca scientifica.

La procedura avviata otre 400 giorni fa segue l’iter previsto dalla sentenza costituzionale 242 del 2019, Un iter lento, farraginoso, che richiede continue sollecitazioni. Dopo numerose diffide il 7 novembre a casa di Laura Santi è arrivata una commissione medica. I dottori hanno parlato a lungo con lei, l’hanno riempita di belle parole e ringraziamenti, hanno redatto un parere di 13 pagine “dal tono interlocutorio”, racconta Laura Santi. Da quel momento l’iter si è fermato per la mancanza del parere da parte del Comitato Etico e, per essere più precisi, per la mancanza del Comitato etico.

“Quindi sto qui, congelata, in attesa. Continuo a fare la mia vita. Quando sto bene non ci penso. Quando la malattia morde con la sua ferocia vorrei sapere di avere il foglio di carta in un cassetto. Mi farebbe stare meglio avere la sicurezza di essere libera di andare avanti oppure no. Vorrei sapere che quella porta c’è, esiste, e se voglio, posso decidere di aprirla, quando voglio. Una consapevolezza che, sono convinta, farebbe vivere molto più serenamente la mia malattia e quella di tanti altri pazienti con patologie ancora più gravi. Per questo sto valutando la possibilità di procedere per vie legali”. È proprio la Corte Costituzionale ricorda Laura Santi - che ha voluto “che le scelte sul fine vita fossero verificate e rispettate, è quindi inaccettabile che le istituzioni continuino a non mettere in pratica quello che la Consulta ha indicato, lasciando noi malati in un’attesa senza fine”.