sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Paolo Delgado

Il Dubbio, 10 giugno 2023

La soddisfazione ostentata da Meloni e Piantedosi per gli obiettivi centrati al Consiglio europeo non corrisponde ai fatti. Con tutti i grattacapi che le sta dando il Pnrr può sembrare strano che l’attivismo, anzi l’iperattivismo, della premier si concentri sul fronte immigrazione. Ma strano non è e non è neppure il vizio antico di trasformare in emergenza ciò che emergenza non è a puro uso della propaganda. C’è anche questo, ovvio, ma stavolta la presidente è preoccupata davvero e ne ha tutte le ragioni. La propaganda facile sull’immigrazione è un’arma a doppio taglio. Se dopo aver strillato e minacciato ci si trova alle prese con un esodo biblico la ricaduta molto negativa in termini di credibilità e consensi è inevitabile. Anche se gli sbarchi sono drasticamente aumentati negli ultimi mesi quell’esodo biblico ancora non c’è. Però è dietro l’angolo e Giorgia Meloni lo sa perfettamente. La frenesia diplomatica di questi giorni è giustificata e comprensibile.

Sul fronte europeo le cose procedono, come sempre nella Ue, a rilento e con parecchie ambiguità tutt’altro che innocenti. Il governo ha cantato vittoria dopo la conclusione positiva del vertice di ministri degli Interni in Lussemburgo, in extremis e al prezzo di una spaccatura con i Paesi dell’Est. La realtà è meno sorridente, per la premier e per il ministro Piantedosi. Sul ricollocamento le richieste italiane sono state semplicemente respinte. Non ci sarà nessun obbligo di accettare i ricollocamenti anche se i Paesi che rifiutano di accogliere i ricollocandi dovranno pagare una cospicua multa. Sempre che non riescano a impugnare la regola della maggioranza qualificata che ha permesso di aggirare l’ostacolo altrimenti invalicabile della necessaria unanimità.

La “vittoria” italiana, frutto della mediazione dell’ultimo minuto dopo un braccio di ferro proseguito per tutta la giornata, sta nella possibilità di rimpatriare gli irregolari non solo nei Paesi d’origine ma anche in quelli di transito. Qui però le ambiguità proliferano. La Germania ha fatto qualche passo indietro rispetto alle richieste iniziali, la dimostrazione stringente di “connessioni effettive” meglio se famigliari in quei Paesi. Ma la definizione di quelle connessioni resta vaga e soprattutto resta in campo il nodo cruciale del rispetto dei diritti umani: un capitoletto che escluderebbe dal novero dei Paesi di transito Libia, Tunisia ed Egitto. Il testo dice che sta ai singoli Stati decidere quali Paesi si considerano sicuri e quali no, ed è questo il punto segnato da Piantedosi, ma i risultati di ieri dovranno essere approvati dal Parlamento europeo e non è affatto facile che Strasburgo accolga il testo così com’è. In definitiva qualche passetto da formica l’Italia lo ha fatto, soprattutto con il riconoscimento per ora solo a parole, che il problema dei confini marittimi riguarda l’Unione e non solo i singoli Paesi, ma per ora sono appunto solo parole.

La girandola degli incontri della scorsa settimana, dichiarazioni altisonanti a parte, ha condotto a un solo risultato: sia Macron che Scholz concordano con Giorgia Meloni sulla necessità urgentissima di risolvere la crisi tunisina prima che il default spinga verso le coste europee centinaia di migliaia di persone in fuga dalla fame. Il problema riguarda prima di tutto l’Italia, Paese di prima accoglienza, e la Francia, mèta privilegiata di tunisini francofoni. Ma un’impennata nei movimenti secondari coinvolgerebbe anche la Germania perché il crollo del governo di Tunisi implicherebbe la fine di ogni controllo sui porti e la rotta verrebbe battuta non solo dai tunisini ma anche dai migranti provenienti dagli altri Paesi africani. Tutto ciò incide però limitatamente, anzi per ora sembra non incidere affatto, sul braccio di ferro in corso tra l’Fmi, che non intende salvare la Tunisia senza che Saied accetti riforme draconiane, e lo stesso Saied, che non intende piegarsi. Da questo punto di vista, la missione di Giorgia a Tunisi è stata un fallimento tondo. L’appuntamento fondamentale però è quello di domani, quando la premier italiana sarà di nuovo in Tunisia, stavolta con la presidente della Commissione euroepa von der Leyen. L’obiettivo degli incontri al massimo livello italo- francese e italo- tedesco dei giorni scorsi era probabilmente proprio permettere a von der Leyen di trattare a Tunisia con alle spalle i principali Paesi dell’Unione per una volta concordi. È una carta pesante che verrà certamente giocata domani, ma non è affatto detto che basti a uscire fuori dal vicolo cieco della crisi tunisina.