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di Giovanni Maria Jacobazzi

Il Dubbio, 29 dicembre 2023

Contro il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare c’è chi invoca l’obiezione di coscienza. “A me sembra una polemica inutile”, dice il magistrato Alberto Liguori. “A me pare che si stia facendo su questa vicenda una polemica inutile”, afferma Alberto Liguori, procuratore di Terni ed ex componente del Consiglio superiore della magistratura, commentando col Dubbio le dichiarazioni dei suoi colleghi, ad iniziare da quelle del procuratore della vicina Perugia Raffaele Cantone, favorevoli a una sorta di “obiezione di coscienza” sulla norma voluta da Enrico Costa.

La disposizione, proposta dal deputato e responsabile giustizia di Azione nell’ambito della legge di delegazione europea e approvata la scorsa settimana, vieta la pubblicazione per intero o per estratto delle ordinanze di custodia cautelare, andando quindi a modificare gli articoli 114 e seguenti del codice di procedura penale.

“Il problema, che anche Costa non mi pare abbia colto fino in fondo, riguarda però cosa finisce oggi in queste ordinanze”, prosegue Liguori, ricordando come il codice di rito, recentemente modificato sul punto dalla riforma Cartabia, abbia già previsto dei paletti molto rigidi. “Il pubblico ministero ha il dovere di effettuare - ricorda il procuratore umbro - un attento e scrupoloso esame, per restare in tema di intercettazioni, di quelle ritenute rilevanti da quelle irrilevanti. È uno dei suoi compiti. Alla polizia giudiziaria, che materialmente effettua gli ascolti, non compete tale operazione selettiva. Il pm deve essere allora responsabilizzato su cosa deposita e che quindi è destinato a diventare di pubblico dominio”.

L’emendamento Costa alla norma sulla presunzione di innocenza rischia, per Liguori, di creare pertanto il classico cortocircuito: “Si vieta tout-court la pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare ma si scansa il vero tema che è quello della responsabilità del pm che coordina e dirige l’indagine, e che dunque deve vigilare su ciò che è necessario o meno per la sua indagine”. La soluzione proposta di Costa, in altre parole, “è la tipica soluzione emergenziale che può anche trovare degli ostacoli applicativi, tenendo presente ad esempio che il difensore non ha obblighi particolari, offrendo al giornalista di turno un prodotto, l’ordinanza di custodia cautelare, che non è suo”, ricorda Liguori. “Non è non pubblicando nulla che tuteliamo la presunzione d’innocenza. Determiniamo, al contrario, una “sanzione” al cittadino che è privato di informazioni”, sottolinea il procuratore di Terni.

L’iniziativa di Costa, come si ricorderà, aveva scatenato la reazione della Federazione nazionale della stampa e dell’Ordine dei giornalisti che hanno fatto appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché, quando sarà il momento, non firmi questa legge che “potrebbe essere fonte di immani distorsioni dei diritti”, annunciando poi una mobilitazione della categoria, assieme alla società civile, “contro il nuovo bavaglio al diritto di cronaca”.

“Io credo che da tempo ci sia una attenzione francamente eccessiva su tutto ciò che accade durante le indagini preliminari, rispetto alla fase del processo destinata alla formazione della prova”, afferma invece al Dubbio Mauro Gallina, giudice del dibattimento penale al tribunale di Milano ed ex componente della giunta Anm del capoluogo lombardo. “Personalmente ritengo che si debba sempre tenere fermo il principio della presunzione di innocenza, soprattutto nella fase delle indagini preliminari, trattandosi di soggetti nemmeno imputati: le notizie vanno date con grandissima misura ed equilibrio”, aggiunge Gallina che l’anno scorso era stato il relatore della sentenza del maxi processo Eni-Nigeria che avevo visto assolti tutti i vertici del colosso petrolifero del cane a sei zampe, accusati di corruzione internazionale. “Ci vuole, ripeto, grandissima cautela - puntualizza il giudice milanese - nel pubblicare atti che non sono stati sottoposti al vaglio del dibattimento”.