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di Lorenzo Salvia

Corriere della Sera, 12 marzo 2023

I rapporti dei servizi segreti: quasi 700 mila persone pronte a partire. Il nodo dell’accoglienza. Negli ultimi giorni i segnali sono stati diversi. Come i 998 migranti sbarcati in sole 24 ore a Lampedusa, un numero che non si vedeva da tempo. E le 1.300 persone salvate dai tre barconi nello Ionio, dopo la tragedia di Cutro. Ma il problema vero è che questa ondata migratoria, pur consistente e drammatica, rischia di rappresentare solo un anticipo, un’avvisaglia di quello che potrebbe accadere nei prossimi giorni.

Il dato di 685 mila - Nei rapporti settimanali sull’immigrazione che vengono mandati al governo italiano, gli apparati di sicurezza e gli analisti sottolineano come in Libia, nei campi di detenzione ma non solo, ci siano 685 mila migranti irregolari pronti a partire per sbarcare sulle coste italiane. La stessa cifra circola nei tavoli interministeriali che sono chiamati a occuparsi di questo tema che, per quanto antico e strutturale, ha ripreso il pieno carattere dell’emergenza. Per capire la dimensione dell’allarme basta ricordare che in tutto il 2022 gli arrivi erano stati “appena” 104 mila. È vero che l’anno scorso, specie nei primi mesi, i flussi erano ancora frenati dalla pandemia. Ma resta il fatto che solo la cifra sui possibili arrivi dalla Libia è quasi sette volte superiore.

Il rischio trafficanti - È chiaro che la maggior parte di quelle persone finirebbe per mettere il proprio destino nelle mani delle organizzazioni dei trafficanti e quindi degli scafisti. Negli ultimi incontri bilaterali il governo italiano ha cercato insieme a quello libico di contenere i flussi attraverso una più decisa azione di controllo del territorio. Di questo, o almeno anche di questo, si è parlato sia nella missione a Tripoli di fine gennaio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme con i ministri degli Esteri e dell’Interno, Antonio Tajani e Matteo Piantedosi. Sia nell’incontro avvenuto invece a Roma venti giorni fa, tra lo stesso Piantedosi e il ministro libico dell’Interno, Imad Mustafa Trabelsi. Ma sembra difficile che, davanti a numeri così allarmanti, il semplice controllo del territorio possa produrre risultati efficaci. Da qui l’idea di rafforzare i corridoi umanitari, i programmi di trasferimento in Italia per le persone in condizione di particolare vulnerabilità. Un tema che la presidente Meloni ha sollevato nella lettera inviata nei giorni scorsi alla presidente della Commissione europea. Con la risposta della stessa Ursula von der Leyen che ha annunciato lo stanziamento di mezzo miliardo di euro per il “reinsediamento” in Europa di 50 mila migranti proprio attraverso i corridoi. Un segnale positivo, che tuttavia non può bastare.

La crescita nel 2023 - Del resto non sono soltanto i singoli episodi a far capire come i flussi stiano diventando più intensi. Lo dicono le tabelle del ministero dell’Interno: dall’inizio dell’anno i migranti sbarcati sulle coste italiane sono stati 17.592. Quasi il triplo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando erano stati 5.976. E anche del 2021, 5.995. L’unico dato in controtendenza è quello dei minori non accompagnati: dall’inizio dell’anno sono stati 1.965. In realtà un confronto diretto con lo stesso periodo degli anni precedenti non è possibile perché sono disponibili solo i bilanci su dodici mesi. Ma la tendenza di una leggera decrescita, o comunque non di un aumento, è leggibile, visto che in tutto il 2022 erano stati 14.044

I 110 mila in accoglienza - Altro tema delicato è la tenuta delle strutture d’accoglienza sul territorio italiano, che potrebbero andare in difficoltà davanti a una nuova, massiccia ondata. Al momento ospitano 109.294 persone. Solo una piccola parte, 1.113, negli hot spot, i centri sulle frontiere esterne dell’Unione Europea, quasi tutti in Sicilia. Altri 33.244 nei centri Sai, gestiti da enti locali e terzo settore. La maggior parte, 74.937, è invece nei centri di accoglienza veri e propri, gestiti dal Viminale. La regione che ospita più migranti è la Lombardia con 12.399 persone, seguita da Emilia-Romagna (10.600), Piemonte (9.687) e Lazio (9.540). La loro capienza è flessibile ma non per un ordine di grandezza come quello dei possibili arrivi dalla Libia. Per questo nel decreto legge approvato giovedì scorso ci sono anche delle norme per il “commissariamento della gestione dei centri governativi per l’accoglienza” e “comunque per farne proseguire il funzionamento”. Un modo per prepararsi al peggio.