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di Valentina Stella

Il Dubbio, 16 ottobre 2024

Santalucia scrive a Nordio per denunciare le fragilità della rete giustizia: “Lavorare per una soluzione”. Profonda preoccupazione per la sicurezza dei sistemi informatici della rete giustizia: è questo il tema centrale della lettera inviata due giorni fa dal presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Santalucia, al Guardasigilli Carlo Nordio. Nella missiva si chiede al ministro della Giustizia anche un incontro, a cui potrebbe prendere parte il capo del Dipartimento dell’Innovazione tecnologica di Via Arenula, per conoscere quanto previsto a tutela dei sistemi giudiziari e del lavoro dei magistrati. “Le recenti notizie di cronaca su indagini penali per plurimi accessi abusivi ai sistemi informatici della rete giustizia hanno creato allarme tra i magistrati per gli scarsi livelli di sicurezza dei dispositivi e delle piattaforme utilizzate nel quotidiano esercizio delle delicate funzioni”, si legge nella lettera.

La preoccupazione dell’associazione, che raccoglie il 98 per cento delle toghe, nasce, come ci spiegano, soprattutto dall’inchiesta su Carmelo Miano, l’hacker siciliano di soli 24 anni arrestato qualche settimana fa dalla Polizia Postale al termine di indagini coordinate dalla Procura di Napoli in relazione alle effrazioni alla rete informatica del Ministero della Giustizia. Lo stesso procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo, presente alla conferenza stampa del procuratore Nicola Gratteri insieme con Ivano Gabrielli, a capo della Polizia postale e delle comunicazioni, aveva dichiarato che era stata sventata “una minaccia grave” che “ha provocato danni alla sicurezza di infrastrutture dello Stato”.

Miano, ora detenuto a Regina Coeli, ha sostenuto, sempre durante l’interrogatorio di garanzia dello scorso 4 ottobre, di avere violato le webmail di diversi magistrati inquirenti, tra Roma, Gela e Napoli, comprese quelle dei titolari del fascicolo che lo riguarda, affermando però di non avere visualizzato i messaggi di natura personale. Dunque un sistema informatico troppo permeabile a interferenze esterne. Cosa sarebbe accaduto se al posto dello smanettone ci fosse stato un esponente della criminalità organizzata in grado di accedere alle email dei pubblici ministeri che lo stanno indagando o alle cancellerie dei tribunali? Non bisogna dimenticare pure che a dicembre dello scorso anno degli hacker russi avevano attaccato una azienda la cui infrastruttura cloud è utilizzata da Pubblica amministrazione digitale e in particolare anche dal Consiglio superiore della magistratura e dall’Autorità nazionale anticorruzione.

Da questo quadro generale arriva la preoccupazione dell’Anm il cui gesto non va letto in chiave politica contro il ministro Nordio ma come spinta per aggiornare e proteggere i sistemi informatici. Bisogna comunque registrare che l’allarme dei magistrati giunge in un momento in cui si sente sempre più parlare anche di presunti dossieraggi, a partire dall’indagine della Procura di Perugia sul finanziere Pasquale Striano e sull’ex magistrato Antonio Laudati. È vero, in questo caso se fossero accertate in via definitiva le responsabilità dei due indagati si tratterebbe sicuramente di accessi abusivi da parte di chi è già dentro il sistema e possiede le credenziali. Tuttavia rappresenterebbero una falla e mancati controlli (rafforzati con l’arrivo di Melillo a Via Giulia) sintomo di una forte penetrabilità e di mancanza dei giusti anticorpi. Inoltre bisogna aggiungere che da parte di esponenti del Governo e della maggioranza c’è il tentativo di unire diversi puntini - l’inchiesta di Perugia, quella di Bari sul dipendente di banca autore di migliaia di accessi abusivi, i presunti complotti contro la premier - per dimostrare che qualcuno starebbe tramando per indebolire il centrodestra, compresa una parte della magistratura.

Pertanto le toghe, si può ipotizzare, hanno tutto l’interesse di capire lo stato di salute dei sistemi informatici della giustizia e chiedere maggiore sicurezza, al fine di allontanare da loro qualsiasi sospetto di complicità. Dunque “la percezione - ha proseguito Santalucia - è che non siano per nulla adeguati i presidi di sicurezza informatica della intera rete giustizia e sarebbe utile per l’Anm, su cui si convogliano gran parte delle diffuse preoccupazioni, avere qualche informazione, nei limiti del possibile, che possa rassicurare o comunque dare la corretta dimensione del fenomeno, descritto mediaticamente in termini allarmanti”.

Per l’Anm le maggiori criticità sono riservate al settore civile “che ostacolano e rallentano, con scarsamente tollerabile frequenza, l’espletamento dei compiti giudiziari, in particolare di studio atti e deposito provvedimenti”. La lettera si conclude: “Le chiedo (rivolto a Nordio, ndr) anche a nome della Giunta esecutiva centrale dell’Anm, di poter avere un incontro al fine di essere resi edotti sullo stato dei problemi e su qual tipo di accorgimenti siano stati predisposti per l’avvio di una soluzione”. La richiesta non dovrebbe trovare ostacoli o diffidenze a Via Arenula. Non a caso due giorni fa il Guardasigilli, intervenendo all’Assemblea plenaria della XII sessione della Conferenza degli Stati parte della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, aveva sottolineato l’importanza di contrastare i cybercrimini, rafforzando, tra l’altro, i poteri di coordinamento della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo e la collaborazione tra Stati. Perché non partire, dunque, dalla tutela dei sistemi interni?