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di Sandro De Riccardis

La Repubblica, 11 giugno 2024

Affollatissima assemblea dell’Anm: critiche alla separazione delle carriere, alla creazione di un doppio Csm per giudici e pm, e ai procedimenti disciplinari del caso Uss. “È ora di scioperare a oltranza”. A un certo punto viene anche evocato il monito di Francesco Saverio Borrelli, ex capo della procura di Milano e del pool di Mani Pulite, e il suo “resistere, resistere, resistere” pronunciato da procuratore generale all’apertura di un anno giudiziario di oltre vent’anni fa. Oggi, nella partecipatissima assemblea straordinaria convocata dall’Associazione nazionale magistrati milanese, nessuno ripete quelle parole, ma il clima che si respira è quello dell’assedio da parte della politica, dell’ultima trincea di una battaglia contro riforme che “non risolvono nessuno dei problemi della giustizia”, ma che hanno solo un carattere “intimidatorio”, “punitivo”. E che meritano, appunto, “la forma della resistenza come capacità di intervenire nel dibattito”.

Tanto che molti evocano, come extrema ratio, anche un possibile “sciopero a oltranza”. Ne parla, in un’assemblea colma di magistrati (molti altri sono collegati on line), il pm Luca Poniz. “Stiamo assistendo a un regolamento di conti finale - è la durissima analisi del magistrato. La presentazione del disegno di riforma costituzionale è avvenuta con dichiarazioni che nulla hanno a che vedere con l’efficientamento della giustizia”. Tra le norme più criticate, il progetto di separazione delle carriere. “È un bivio da cui non si torna indietro - dice Poniz -. Spero ci sia un referendum costituzionale, su una riforma sgrammaticata. Un’occasione per dire con forza, con una campagna di comunicazione, strada per strada, le ragioni di una riforma sbagliata. Dobbiamo essere pronti alla mobilitazione della giustizia. Evocherei la forma della resistenza, una resistenza costituzionale, far conoscere che avviene uno scempio dell’architettura costituzionale. Pronti anche a forma di sciopero ad oltranza”. A proposito dell’azione disciplinare del ministro della Giustizia Carlo Nordio, nei confronti di tre colleghi della Corte d’Appello di Milano nel caso di Artem Uss, il russo posto ai domiciliari e poi evaso, Poniz parla di “uso intimidatorio dell’azione disciplinare, volta a punire i magistrati per il merito delle loro decisioni, sgradite al governo di turno”.

Critica l’azione disciplinare contro i magistrati della Corte d’appello anche il presidente del Tribunale Fabio Roia. “Un precedente molto pericoloso, perché quando un giudice è chiamato a prendere una decisione in materia di applicazione di una misura restrittiva, se poi viene violata, potrebbe in astratto risponderne sempre, essere quotidianamente esposto all’esercizio dell’azione disciplinare”. Roia parla di un “evidente sconfinamento, il ministro continua a dire che si sente cucita la toga addosso, ma evidentemente si è scucita nel corso dell’esercizio dell’attività politica”. Intanto nessuno affronta i veri problemi della giustizia. “Veniamo attaccati per la lunghezza dei processi - interviene il giudice Chiara Valori -.

Bisogna far conoscere le nostre condizioni di lavoro. Ci troviamo a operare con sistemi informatici che non funzionano, che s’impallano, con carenze di personale. La situazione degli uffici è esplosiva. Anche questa è una forma di delegittimazione della magistratura”. “La riforma sulla separazione delle carriere è una riforma inutile - dice la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano -. Non è detto che separare le carriere porti a mettere i pm sotto l’esecutivo, ma sicuramente per fare questo è necessario separare le carriere”. “La creazione di due diversi Csm per la magistratura requirente e per quella giudicante determinerebbe il definitivo distacco del pm dalla giurisdizione” è la posizione della Anm. E anche il sorteggio previsto dai progetti di legge, “è del tutto inidoneo - dice il presidente della giunta milanese della Anm, Leonardo Lesti - a liberarci dalle pratiche correntizie. Ne esce una magistratura indebolita”.

Una riforma che ha l’effetto, dice il procuratore capo di Monza Claudio Gittardi, di far “diventare il pm l’avvocato dell’accusa. Oggi siamo una parte pubblica, che deve anche valutare la fondatezza dell’accusa, significherebbe stravolgere la giurisdizione. È una battaglia che dobbiamo essere capaci di comunicare all’esterno, facendo capire quali interessi della collettività sono in gioco”. Anche per la procuratrice generale Francesca Nanni, “la separazione delle carriere non serve ad accorciare i processi, ma è fatta per altri scopi. I passaggi da una carriera all’altra sono irrisori. La separazione delle funzioni c’è già”.