sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Maria Caterina Bombarda

liberidentro.home.blog, 17 settembre 2022

Con la puntata di oggi la nostra settimana di Liberi dentro Eduradio & Tv prosegue con un nuovo ospite per approfondire il tema del teatro in carcere. Oggi dialoghiamo con l’on. Raffaele Bruno, artista e deputato, promotore della legge Disposizioni per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari.

“Da quando ho conosciuto l’arte questa cella è diventata una prigione”: è l’incipit della canzone che abbiamo appena ascoltato E mmo prodotta dal collettivo “Gli Ultimi Saranno”, una frase che racchiude in sintesi la figura di Cosimo Rega, ex camorrista (scomparso lo scorso 30 agosto) rinato grazie alla recitazione e alla cultura. Dunque l’arte è libertà?

Sì è la frase che Cosimo dice alla fine del film dei fratelli Taviani Cesare deve morire in cui lui è uno dei protagonisti, e racconta proprio il senso dell’incontro con l’arte nei luoghi dell’emarginazione, il senso e la potenza evolutiva e rivoluzionaria dell’arte. Io la interpreto così: quando apri una porta verso la consapevolezza ti rendi veramente conto di dove sei. Quindi da quando Cosimo aveva realizzato l’incontro con l’arte si era reso conto della sua condizione di prigioniero. Chiaramente sono concetti universali, valgono per un contesto carcere, per le mura fisiche, ma valgono anche per altre mura che a volte ci costruiamo noi nella testa, nel vivere una vita che non ci appartiene, una quotidianità che non amiamo. L’arte diventa allora uno di quegli strumenti che ci fa fare il salto rivoluzionario per eccellenza: Il viaggio rivoluzionario dentro noi stessi per capire chi siamo, cosa vogliamo e chi vogliamo essere.

Si tratta di un testo scritto in napoletano “verace”, l’hai scritto tu?

Sì, lo scrissi pensando al carcere, poi l’ho modificato perché eravamo in piena pandemia e lo feci ascoltare a Cosimo che si è rivisto molto nel testo della canzone. Il concetto è quello dell’innocenza del bambino che è dentro di noi. Cioè dice: quando ero bambino non avevo paura, vivevo la vita così com’era, poi dopo si cresce magari si hanno riferimenti ed esempi sbagliati, si fanno scelte non consapevoli e si prendono strade che ci portano in vicoli bui da cui poi è difficile tornare indietro. In questo caso appunto, quando le persone si pentono, l’arte ha un valore salvifico. Con il collettivo abbiamo anche fatto un secondo pezzo che si chiama Canzone d’evasione, dove alla fine del brano ci sono anche delle testimonianze di altre persone che attraverso l’arte hanno cambiato la loro vita.

Con Il collettivo “Gli Ultimi Saranno” avete fatto molti progetti, in particolare dei testi musicali per sensibilizzare sul tema carcere: hanno funzionato nell’intento? Dove li promuovete?

Nei cinque anni della legislatura precedente abbiamo realizzato una trentina di eventi in più di 20 carceri, e oltre alle carceri giriamo laddove c’è voglia di ascoltare queste storie. E poi c’è stato un evento potente, abbiamo portato questa esperienza dentro Montecitorio, si tratta forse dell’unico caso nella storia della Repubblica, con le rappresentanze di 10 comuni sedi di carcere, quindi direttori, detenuti, ma anche agenti che hanno recitato e cantato alternandosi al presidente della Camera… Insomma un evento che sta proprio a indicare che quando si sta insieme attorno all’arte si sospende ogni giudizio e si crea una forma di bellezza che prima non c’era.

Purtroppo sappiamo che la proposta di legge si è interrotta a causa della fine della legislatura, ma a che punto era arrivata? Prevede finanziamenti?

Si tratta di una legge ispirata da tutti questi incontri nelle carceri di cui ho parlato, perchè prima di tutto abbiamo toccato con la mano e col cuore queste realtà carcerarie. In questo contesto l’incontro con Cosimo è stato particolarmente motivante perché la sua vita e l’esempio della sua trasformazione mi hanno fatto capire fino in fondo quanto questo mezzo del teatro sia effettivamente efficace. La legge era arrivata a un passo dall’approvazione alla Camera e prevede oltre l’organizzazione di un osservatorio, l’individuazione di un luogo deputato al teatro in ogni carcere, ma anche un fondo che in partenza è 2 milioni di euro per pagare i professionisti (altro punto fondamentale della legge), che sono persone formate e preparate, e come tali devono essere adeguatamente retribuiti.

Se la campagna “il teatro in ogni carcere” avesse seguito, come ti immagineresti il carcere tra 10 anni?

Mi immagino un modo in cui il carcere non sia necessario. Tuttavia, nell’immediato futuro dico questo: in Italia abbiamo circa 185 carceri, mi piacerebbe immaginare che diventassero 185 teatri. Quindi luoghi dove si fa formazione, scambio, una programmazione teatrale. Potrebbe essere un’occasione per far guadagnare Il carcere e tutte le persone che dentro ci lavorano e ci vivono, anche le persone momentaneamente recluse. L’aspetto rivoluzionario di quello che potrebbe accadere con la legge se venisse approvata, sono delle insidie benefiche enormi e una di queste è che in Italia, quando si va in carcere, si può avere la possibilità di incontrare il dolore e la violenza… ma con questa legge in vigore, sì, ho la certezza che si possa incontrare anche l’arte e, attraverso l’arte, sé stessi.