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di Marcello Pesarini

transform-italia.it, 23 febbraio 2023

Mentre infilavamo le giacche con il senso di compiere un dovere per l’assemblea che stavamo per tenere, tenuti come si è tutt’ora al vestito d’ordinanza nella Camera dei deputati, Giulio e io ci guardavamo negli occhi sperando che quella conferenza stampa per illustrare la situazione sul risarcimento dell’ingiusta detenzione subita da lui e decine di migliaia di persone e la Pdl del Partito Radicale sarebbe servita a qualcosa. Era il 12 maggio del 2011.

Per comprendere bene di cosa stiamo parlando è necessaria un’operazione di ricostruzione storica, che andrebbe adottata in Italia invece di soffiare sui venti del revisionismo che si basa in primis sull’espulsione della lotta di classe dalla storia del Novecento e da quella attuale.

Giulio Petrilli, aquilano, viene arrestato il 23 dicembre del 1980, a 21 anni, con l’accusa di essere uno dei capi di Prima Linea, l’associazione che sta proseguendo, nell’immaginario collettivo, le delittuose imprese delle Brigate Rosse.

All’indomani del 9 maggio 1978, dopo il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro, segretario della Democrazia Cristiana, il terrorismo si trovò di fronte un Paese compatto e soprattutto si accorse di avere sbagliato i conti su un proletariato e un sottoproletariato pronti a insorgere.

Non è questo il luogo delle analisi; è sufficiente ricordare che negli ultimi anni ‘70 la repressione e il clima di allarmismo e delazione per la sicurezza dello Stato compiono un salto di livello notevole, in una situazione ben differente dagli anni di mobilitazione di massa, dal ‘68 e dall’autunno caldo.

Gli stessi tempi vengono ora ricordati come epoche di terrore imposto dall’estrema sinistra, cosa completamente priva di fondamento, con la cittadinanza ingabbiata da mancanza di prospettive e rappresentanza.

Sarebbero da ricordare numerosi episodi raccontati soprattutto negli ultimi 10-20 anni, con ricostruzioni “ad usum delphini” per la loro strumentalità, fino alla vittoria della nazionale di calcio ai mondiali del 1982 con il presidente Pertini in tribuna ricordati come l’uscita da un tunnel senza fine.

Per dimostrare quanto queste ricostruzioni giochino sulle memorie corte, è del 1980 la famosa marcia del 40.000 della FIAT che determinò la reazione alle lotte dell’autunno caldo.

Così Giulio, come altre e altri, subisce la repressione di Stato. Viene condannato a 8 anni di reclusione, che sconterà in gran parte nel circuito “speciale”. Cambierà un numero spropositato di carceri. I suoi racconti, che uniscono estrema dignità alla denuncia della sofferenza che ha lasciato segni su di lui, uniscono il freddo fisico a quello umano che ha provato, con numerosi episodi di poca considerazione dei disturbi anche cardiaci, alta pressione, mai tenuti nella giusta considerazione. Dopo 5 anni e 8 mesi di carcere speciale, in appello viene assolto. Assoluzione confermata poi dalla Cassazione.

Quando uscirà sarà un altro e anche il suo rapporto con i diritti di cui usufruire in qualità di ingiustamente condannato e poi assolto risentiranno dello stordimento provocato da simile detenzione.

Infatti non potrà usufruire del risarcimento entrato in vigore nel 1989 per chi è stato condannato ingiustamente, perché la legge non è retroattiva.

Su questa difformità nell’applicazione della legge egli ha costruito una lunga battaglia politica, rilevando che su ben 4 milioni e mezzo di persone vittime di errori giudiziari, solo 25.000 hanno ottenuto il risarcimento.

Da uomo libero ma sempre legato alla sua sofferenza lo incontro nella mia qualità di allora responsabile della giustizia per Rifondazione Comunista delle Marche. Costruiamo le basi per la “lotta di lunga durata”. Fra i firmatari dei primi appelli tanti compagne e compagni di alta coscienza civile: Haidi Giuliani, Luigi Manconi, Nichi Vendola, Elisabetta Laganà, Elettra Deiana, fra gli altri.

Il primo appuntamento è il 12 maggio 2011, alla Camera dei deputati. Erano presenti gli onorevoli Rita Bernardini (PR), Giovanni Russo Spena (PRC), Sandro Favi (PD), Giulio Petrilli e il sottoscritto suo collaboratore.

Titolo dell’iniziativa era il seguente: “Introdurre la retroattività nella legge sulla riparazione per ingiusta detenzione”.

La nostra battaglia smosse numerose opinioni e Giulio fu molto bravo in Abruzzo, col suo carattere limpido, a coinvolgere in vari modi tante persone legate alla politica, alla magistratura e alla società civile. Va evidenziato che la giustizia italiana ha con sé molte aberrazioni, fra le quali il continuo ricorrere all’emergenza senza mai abolire i provvedimenti precedenti.

Per questo motivo sarebbe molto edificante se l’attuale governo di destra vedesse venire a galla le incongruenze nella sua maggioranza fra i partiti giustizialisti, quelli garantisti per comodo, e quelli “cerchiobottisti”.

Quanto il centrosinistra ha male amministrato e rinviato, col fallimento degli Stati Generali del ministro Orlando, potrebbe esplodere per conflitti di interessi nel momento in cui si considera pericoloso per lo Stato l’anarchico informale Alfredo Cospito, si spostano gli sbarchi delle navi che trasportano rifugiati per evitare i “taxi del mare” e si assolve Berlusconi per un reato pruriginoso che adesca l’opinione pubblica più della sua conduzione politica e finanziaria.

Attraverso una ristretta applicazione della Pdl radicale all’interno della finanziaria 2012, Petrilli si è visto negare qualsiasi riconoscimento al risarcimento perché, date le sue frequentazioni, non è stato ritenuto dalla Giustizia pentito di ciò per cui era stato accusato.

Nel 2015, l’epoca degli Stati Generali, ci siamo rivolti al Ministro Orlando. Si è giunti, grazie al presentatore onorevole Gianni Melilla di SEL, con il ddl 2871 recante “Modifiche agli articoli 314 e 643 […] ingiusta detenzione” a quello che potrebbe essere l’atto costruttivo e risanatore di tante sofferenze e parzialità. Le istanze sono state accolte in visione senza però nessun incontro.

Nel frattempo sarà cura di Petrilli e dei suoi collaboratori in Emilia-Romagna, in Abruzzo, in Lombardia, per citare alcuni collegi di avvocati, raccogliere quanti più esempi di ingiusta detenzione non risarcita con le più svariate motivazioni, o non richiesta dagli assolti per sfiducia nello Stato. Si va da Calogero Mannino, deputato della Democrazia Cristiana, già ministro di più governi, a Raffaele Sollecito che ha passato 4 anni in carcere per il noto omicidio di Amanda Knox, è stato considerato sempre in base all’art. 314 “non collaborativo e causa di errori” nei confronti dei giudici. Riportiamo le iniziali di F.T., G.M., i quali hanno avuto forti decurtazioni per comportamenti che invece non avevano costituito fonte d’imputazione.

Nel 2019, dopo la sentenza della commissione europea alla quale si era rivolto con la collaborazione di Eleonora Forenza, PRC, il percorso si ferma di nuovo perché non esiste una legge europea sul tema. Siamo al giorno d’oggi, quando dopo lettere al presidente del consiglio Conte e alla ministra della giustizia Cartabia, tentiamo la strada della senatrice Ilaria Cucchi, la cui ricostruzione dell’uccisione fra le sbarre del fratello Stefano è tristemente nota, ed è stata un esempio assieme a quella della madre di Francesco Aldrovandi, di quanto sia pericoloso e difficile sollevare il pesante lenzuolo che copre i comportamenti illegali, colpevoli e segnale di mala giustizia compiuti dalle forze dell’ordine nell’esercizio delle loro funzioni.

Il 15 dicembre 2022 presenta a firma sua e di Giuseppe Di Cristoforo, entrambi di Alleanza Verdi Sinistra Italiana, ai quali presto si aggiunge il senatore Fina del PD, un’interrogazione a risposta scritta, nella quale si chiede, tra l’altro “se non ritenga opportuno intervenire per avviare le interlocuzioni necessarie alla modifica della norma contenuta nell’art. 314 del codice di procedura penale, introducendo una formulazione che consenta l’effettivo risarcimento di tutti coloro che hanno subito un’ingiusta detenzione, limitando al contempo la discrezionalità del giudicante nella valutazione della condotta tenuta dal detenuto; quali altre azioni intenda adottare per rendere il procedimento di risarcimento per ingiusta detenzione celere ed efficace, nel rispetto delle prerogative costituzionali nazionali e internazionali”. Nei giorni scorsi, come riportato da abruzzoweb.it il 15 febbraio, il senatore Fina ha sollecitato il Governo a rispondere sulla questione.

Stiamo già preparando mozioni d’indirizzo in alcuni Consigli regionali, convinti che al superamento di queste gravi incongruenze nella legislazione italiana si debba accompagnare una riflessione sempre rimandata sugli anni delle grandi lotte operaie e civili italiane a cui sono seguiti gli “anni di piombo”. Ci attanaglia la constatazione che la coscienza democratica di quel periodo non sia più presente e che sempre più spesso sia necessario affidarsi a personaggi dello spettacolo per prendere posizioni civili e forti, mentre abbiamo vissuto periodi in cui le masse incarnavano queste condotte di vita e i personaggi più noti erano all’interno di questo movimento.