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di Maurizio Carucci

Avvenire, 21 febbraio 2023

Il lavoro nobilita l’uomo e in carcere è davvero un’occasione di riscatto. Sono sempre di più i detenuti che frequentano corsi di formazione, imparano un mestiere o addirittura già lavorano (in alcuni casi anche all’esterno). Su un totale di 54.841 detenuti, i lavoratori sono 18.654, in base ai dati del 30 giugno 2022. Di questi ben 16.181 sono alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria.

Il quadro generale parla di un mondo “parallelo” che conta, distribuite in 26 categorie, 247 attività svolte (110 delle quali a carico dell’amministrazione penitenziaria) in cui si spazia dall’assemblaggio e riparazione componenti elettronici alla calzoleria, continuando con data entry e dematerializzazione documenti, dalla falegnameria per arrivare al lanificio-tessitoria con 333 occupati. Secondo una stima del ministero della Giustizia, i detenuti potenzialmente pronti per un nuovo lavoro anche all’esterno del carcere sono oltre 2.300.

Un segnale che fa ben sperare: se la recidiva per i detenuti è attorno al 70%, per coloro che in carcere hanno appreso un lavoro crolla al 2%. A delineare questo scenario in cui la pena si unisce all’attività lavorativa, i protocolli siglati negli ultimi mesi volti all’inclusione lavorativa. A giugno ne è stato siglato uno sulle telecomunicazioni con nove aziende coinvolte.

Nello specifico si tratta di Fastweb, Linkem, Tiscali, Sky, Telecom Italia, Vodafone e Windtre. Le aziende porteranno avanti attività di rigenerazione degli apparati terminali di rete tramite laboratori dedicati all’interno delle carceri. Dovrebbero venir coinvolte fino a 200 persone tra gli istituti di Lecce, Roma Rebibbia, Torino e Uta (Cagliari). C’è poi anche l’attività all’esterno, cui hanno aderito Open Fiber, Sielte e Sirti per la realizzazione delle reti di accesso, in particolare per la posa e giunzione delle reti in fibra ottica.

Sono stati individuati complessivamente 2.326 detenuti con i requisiti potenziali personali e di legge. La prima fase del progetto avrà carattere di sperimentazione su tre istituti che saranno in grado di formare circa 100 detenuti in sei settimane. Proprio in questo ambito il gruppo Sirti e Open Fiber hanno definito il programma di Lavoro Carcerario nella struttura penitenziaria di Rebibbia, con l’ufficializzazione dell’assunzione di sette detenuti. Si tratta di persone che dopo il completamento del percorso formativo, “entreranno nelle squadre di Sirti e del consorzio Open Fiber Network Solutions (Ofns) come addetti per le attività di giunzione di fibra ottica per le infrastrutture direte in Italia”.

Una partecipazione che, come spiega Ivan Rebemik, direttore del Personale di Open Fiber “offre ai detenuti una nuova opportunità potenziando la funzione rieducativa della pena “. In viaggio anche il protocollo del 19 ottobre, siglato tra commissario straordinario per il sisma, la Cei, l’Ance e l’Anci con cui si prevede che i detenuti di dieci province delle regioni Abruzzo, Lazio, Molise, Marche e Umbria possano avere l’occasione di lavorare nei cantieri di oltre 5mila opere di ricostruzione pubblica e in quelli di 2.500 chiese danneggiate dal terremoto 2016. Un’occasione, come sottolineato dal vicepresidente dell’Ance Piero Petrucco, anche per le imprese “di formare nuova manodopera in opere importanti per la rinascita di un territorio ferito dal terremoto”.

A guardare positivamente l’introduzione del lavoro in carcere i rappresentanti del volontariato. “Si tratta senza dubbio di attività di alto valore e molto importanti - commenta Andrea Scandurra, responsabile dell’Osservatorio carceri dell’associazione Antigone - con un lavoro vero e proprio che va oltre quello che si può compiere dentro che, molto spesso viene svolto a rotazione ed è una sorta di welfare interno”. A favorire l’attività imprenditoriale in carcere i benefici della legge Smuraglia. Complessivamente sono 349 le aziende che, per un ammontare complessivo di 9,4 milioni di euro sono state ammesse alle agevolazioni per il 2022.

“Uno dei vantaggi per le aziende che decidono di intervenire riguarda i costi - aggiunge Scandurra - che, nella maggior parte dei casi non sono a carico delle imprese”. E poi gli sgravi fiscali. Le aziende che assumono detenuti o internati degli istituti penitenziari possono giovarsi di un credito d’imposta per ogni lavoratore di 520 euro mensili, cifra che scende a 300 euro mensili per i lavoratori in regime di semi-libertà.