La Repubblica, 17 gennaio 2023
Il rapporto globale dell’Ilo sui trend per il 2023: tra disoccupati e scoraggiati, ci sono 33 milioni di persone senza occupazione in più del pre-Covid. Poveri, giovani e donne più a rischio. “Serve un patto sociale”.
Il mix di stagnazione economica e inflazione peserà anche sul lavoro. La recessione è alle porte per il gotha della comunità finanziaria, per quanto gli ultimi dati dicono che potrebbe essere di entità non così pericolosa. Ma il rallentamento generalizzato obbligherà sempre più lavoratori ad accettare mansioni di bassa qualità, con stipendi bassi, senza tutele e coperture: un avvitarsi delle differenze che già sono esplose con la pandemia, come ci hanno raccontato le più recenti statistiche sulle diseguaglianze.
Disoccupazione in crescita, lontano il pre-Covid - A stendere questo ulteriore velo di pessimismo è il rapporto dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro. Diffondendo i trend per il 2023, l’Organizzazione stima una crescita dell’occuapazione globale del solo 1% quest’anno, meno la metà di quel che si è registrato nel 2022. La disoccupazione, di contro, è vista in salita: 3 milioni di persone in più in cerca di un lavoro, 208 milioni in tutto (per un tasso del 5,8%). Un cambio di rotta dopo la crescita costante del 2020-2022 che porterà per altro a lasciare una ferita aperta di 16 milioni di disoccupati rispetto ai livelli pre-crisi. Servirà più tempo per chiudere il gap: per Richard Samans, direttore del dipartimento di ricerca dell’Ilo e coordinatore del rapporto, “il rallentamento della crescita dell’occupazione globale significa che non prevediamo che le perdite subite durante la crisi Covid-19 vengano recuperate prima del 2025”.
Un dato che per altro si può vedere ancora al rialzo se si considera un parametro leggermente diverso, ovvero quello del “global jobs gap” introdotto dal report. Si considerano non solo i disoccupati, ma anche coloro che vorrebbero lavorare ma non sono attivamente in cerca di occupazione perché disillusi o impegnati nel lavoro di cura. Ebbene, con questa lente allargata il problema del lavoro che non c’è travolge ben 473 milioni di persone, 33 milioni in più che nel 2019.
Lavori di minore qualità - Ma non è solo una questione di numeri. È anche un tema di qualità. “La qualità del lavoro rimane una preoccupazione determinante”, dice il report ricordando che già durante la crisi pandemica un decennio di progressi in tema di riduzione delle povertà ha subito un pesante contraccolpo. E ora il rallentamento economico mette di nuovo a rischio lo sviluppo di un lavoro di qualità. Un problema soprattutto per i gruppi sociali a reddito più basso, i più esposti al peggioramento del quadro macro complessivo.
Oltre a questi, a pagare il prezzo maggiore rischiano di esser le categorie solite note: le donne e i giovani. Nota infatti il report che a livello globale, il tasso di partecipazione delle donne alla forza lavoro si è attestato al 47,4% nel 2022, rispetto al 72,3% degli uomini. I giovani (15-24 anni) incontrano gravi difficoltà nel trovare e mantenere un lavoro dignitoso. Il loro tasso di disoccupazione è tre volte quello degli adulti. Più di un giovane su cinque - il 23,5 per cento - non lavora, non studia o non fa formazione (Neet). “La necessità di un lavoro più dignitoso e di giustizia sociale è chiara e urgente - ha dichiarato il direttore generale dell’Ilo, Gilbert F. Houngbo, commentando il rapporto - Per affrontare le molteplici sfide, dobbiamo lavorare insieme per creare un nuovo contratto sociale globale”.