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di Ugo Magri

La Stampa, 25 gennaio 2023

Al Quirinale, incontro con i componenti nuovi e vecchi del Csm. Il riconoscimento: “La magistratura ha le risorse per affrontare le difficoltà”. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante la cerimonia di commiato dei componenti del Csm uscente che si è svolta ieri al Quirinale.

Il “Parlamento” dei giudici volta pagina, anche simbolicamente, con lo scambio di consegne ieri al Quirinale tra i “vecchi” membri del Csm e i nuovi. Questa mattina Sergio Mattarella presiederà il “plenum” che eleggerà il suo vice, di fatto il numero uno. Dopodiché l’organo di autogoverno della magistratura sarà operativo giusto in tempo per le inaugurazioni dell’anno giudiziario (inizieranno domani a partire dalla Corte di Cassazione) e, soprattutto, potrà assolvere una quantità di compiti che definire delicati è poco: nomine, trasferimenti, carriere, provvedimenti disciplinari nel confronti delle toghe, ma anche pareri sulle future riforme della giustizia, più tutte le altre iniziative necessarie per difendersi dalle aggressioni della politica.

A tale proposito Mattarella ha pronunciato un discorso breve ma denso. Un richiamo in particolare: sull’importanza che la magistratura goda di piena autonomia. La tutela non una legge qualsiasi, segnala il presidente, ma la stessa Costituzione. Definisce l’indipendenza del potere giudiziario un “pilastro della democrazia”. E questa sottolineatura di sicuro non è casuale. Suona come un avviso ai naviganti, come un altolà preventivo casomai qualcuno intendesse tagliare le unghie ai tutori della legalità. Scorgervi una polemica con il ministro Guardasigilli, tra l’altro presente alla cerimonia, sarebbe fuori luogo: sul Colle sono molto netti al riguardo. Ma il largo dibattito che si è aperto in tema di giustizia, nella prospettiva di renderla più efficiente, dovrà evitare pericolose fughe in avanti e rispettare i confini fissati dalla Carta costituzionale. Tra questi, appunto, l’autonomia della giurisdizione. A sua volta il Csm dovrà mostrare uno spirito costruttivo, senza sterili contrapposizioni. “Sono certo che il nuovo Consiglio saprà svolgere le sue funzioni”, mette in chiaro il presidente con tono fiducioso, “nel quadro di corretti rapporti istituzionali, nell’interesse preminente della Repubblica”. Le tensioni tra politica e giustizia fanno solo male all’Italia.

Certo: il Csm non vive la sua stagione migliore. Polemiche e scandali ne hanno trascinato la credibilità al punto più basso. All’indomani del “caso Palamara” si dimisero 6 consiglieri togati. Venne rimproverato al Colle, specie da destra, di non averne approfittato per un “repulisti” generale, azzerando l’intero organo dello Stato. Ma sarebbe stata una forzatura, una violazione di legge. Tra le pieghe del discorso, Mattarella rivendica la scelta di allora. Per ben due volte ha ringraziato i consiglieri uscenti del lavoro svolto, con una speciale menzione dedicata al vice-presidente David Ermini del quale ha lodato “responsabilità” e “alto senso delle istituzioni” dimostrati nei passaggi più burrascosi. Nonostante sia stata “una consiliatura complessa, segnata da gravi episodi”, riconosce Mattarella, il Csm ha fatto quanto poteva per garantire lo svolgimento dell’attività giudiziaria, anche durante l’emergenza Covid. Dunque massimo rispetto per i consiglieri uscenti, ai quali va riconosciuto quantomeno l’onore delle armi; e rispetto più in generale per tutti i magistrati “che svolgono con impegno e dedizione la loro attività, anche in condizioni ambientali complesse e talvolta insidiose”, rimarca il presidente della Repubblica. Anche qui il messaggio è trasparente. Guai a delegittimare giudici e Pm specialmente ora che si stanno raccogliendo i frutti della lotta alle mafie.