sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Francesca Basso e Viviana Mazza

Corriere della Sera, 11 luglio 2023

Anwar Bunni è diventato famoso per il processo di Coblenza, in cui testimoniò contro il suo torturatore. Ma tra i mandati potrebbe essercene uno anche contro il dittatore di Damasco. Ora la sua missione è un tribunale speciale creato dall’Assemblea Generale.

A fine giugno l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la creazione di un organismo indipendente per indagare sulle oltre centomila persone “scomparse” in Siria dall’inizio della guerra civile nel 2011. Gli attivisti dei diritti umani dicono che benché tutti gli attori coinvolti nella guerra in Siria si siano macchiati di questo crimine, i principali responsabili sono senza dubbio le forze governative: la maggior parte dei desaparecidos sono stati uccisi in prigione e alcuni di loro si trovano ancora lì. Ma dopo dodici anni di atrocità del regime, molti nutrono seri dubbi sulla possibilità di ottenere giustizia.

Ottantatré Paesi hanno votato a favore della risoluzione, undici hanno votato contro (tra cui Siria, Russia, Cina e Iran) e 62 si sono astenuti. Tra questi ultimi ci sono i Paesi arabi e del Golfo che lo scorso maggio hanno riabilitato la Siria nella Lega Araba, una decisione che rende ancora più improbabile, agli occhi delle famiglie degli “scomparsi”, che ci possa essere cooperazione da parte di Damasco. “Il ritorno della Siria nella Lega Araba è un tradimento delle vittime e conferma la marginalizzazione degli Stati Uniti e l’irrilevanza dell’Europa nella regione”, ha scritto di recente Judy Dempsey, fellow del think tank Carnegie Europe e direttrice del blog Strategic Europe.

E tuttavia Anwar Al Bunni, avvocato e attivista siriano, mantiene un ostinato ottimismo: ha scoperto che il lungo e tortuoso cammino per la giustizia in Siria passa per l’Europa. Ai suoi occhi “l’Arabia saudita, i Paesi del Golfo e la Turchia non sono mai stati davvero contro Assad, da sempre lo hanno appoggiato, facendo arrivare armi e bandiere nere nel Paese - ci ha detto in una recente intervista a Washington, a casa di un amico, davanti a un caffé arabo e biscotti -. Erdogan ha permesso all’Isis e ai terroristi più estremisti di entrare in Siria e ha appoggiato Al Nusra, mentre i sauditi hanno sostenuto Jaysh Al Islam. Il loro ruolo era di impedire all’Occidente di supportare la rivoluzione siriana. Hanno aiutato Assad a distruggere la Siria e la democrazia siriana. Ora possono gettare la maschera perché non esiste più un’opposizione né una rivoluzione democratica. I regimi della regione non vogliono alcuna democrazia vicino a sé perché i prossimi a cadere sarebbero loro”.

Il processo di Coblenza - Al Bunni, 64 anni, è diventato celebre in tutto il mondo per il processo di Coblenza, in Germania: nel 2021 ha fatto condannare all’ergastolo Anwar Raslan, 58 anni, che era stato il suo torturatore in carcere. Raslan era responsabile del ramo 251 del direttorato generale dell’intelligence siriana. Al Bunni si era trovato faccia a faccia con lui per caso a Berlino, nel 2014, dove entrambi avevano ricevuto asilo politico. Ma nella nostra conversazione l’avvocato siriano sottolinea, al di là del suo caso personale, che il suo obiettivo è di impedire che Assad e i suoi alleati “facciano parte del futuro della Siria”.

Al Bunni è coinvolto in una serie di casi in Europa e Stati Uniti. “Dal 2017 al 2019 abbiamo presentato quattro casi ai procuratori tedeschi, contro un totale di 27 criminali che si trovano in Siria, inclusi lo stesso Bashar Assad e suo fratello Maher. Tra Germania, Svezia e Norvegia in totale abbiamo presentato casi contro 60 alti funzionari siriani (molti dei quali ancora in corso). Poi ci sono i casi presi in esame da tribunali in Olanda, Belgio, Austria, oltre a quelli contro lo zio di Bashar, Rifaat, in Spagna e Svizzera”. In Germania sono stati emessi mandati d’arresto contro Ali Mamlouk, consigliere speciale per la sicurezza di Assad, e contro l’ex capo dell’intelligence dell’aeronautica militare Jamil Hassan. Al Bunni sottolinea che quei due nomi sono stati fatti filtrare dalla procura, ma la lista rimasta sotto chiave è probabilmente più ampia: potrebbe includere, secondo lui, lo stesso Assad.

La giurisdizione universale, in vigore in Germania, Svezia e Norvegia, ha permesso ad alcuni tribunali europei di investigare e perseguire casi legati ad un numero ristretto di crimini internazionali: crimini di guerra, contro l’umanità, tortura, genocidio, sparizioni forzate. La giurisdizione universale è basata sull’idea che, data la gravità di tali crimini, essi possano essere perseguiti anche se commessi all’estero, da stranieri o contro stranieri. “Non stiamo solo continuando ma aumentando gli sforzi”, insiste Al Bunni, che con il suo Syrian Center for Legal Studies and Research collabora anche con due processi in absentia che si sono da poco aperti negli Stati Uniti. Qui è stato possibile perché le vittime sono cittadini siriani ma anche americani. “Si tratta di Obada Mzaik, studente arrestato e torturato a 22 anni e di una ingegnera uccisa sotto tortura, ma in questo secondo caso esistono testimonianze di altre prigioniere che erano con lei”.

In Italia - In Italia, spiega Al Bunni “non c’è la piena giurisdizione universale e finora non abbiamo trovato sospetti nel vostro Paese. Ma se li trovassimo, la legge italiana prevede la possibilità di perseguire criminali responsabili di torture, sparizioni forzate... Possiamo farlo. Forse. Se il procuratore è aperto a farlo. Esiste un mandato nella legge che permette di farlo”. A cosa può servire però tutto questo? Dodici anni di atrocità ben documentate non hanno fermato il regime di Assad, che è sfuggito quasi del tutto alla giustizia con l’eccezione di questa manciata di casi presentati in tribunali internazionali.

La Corte penale internazionale - Finora la Corte penale internazionale non ha emesso un mandato di arresto per Assad, mentre ne ha emesso uno per Putin. La Corte Penale Internazionale, che ha sede all’Aia e che avrebbe potuto farsi carico di questi processi, non è stata nella posizione di intervenire, perché il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove la Russia appoggia Assad, ha bloccato ogni tentativo di affidarle la giurisdizione sui crimini commessi in Siria. Per questo diversi osservatori hanno finito col credere che la giurisdizione universale sia l’unica via praticabile dalle vittime e dalle loro famiglie per ottenere giustizia, o almeno la verità, in Siria. “La strada della giustizia non è solo complessa, in molti casi è bloccata - ci dice Al Bunni -. La via della Corte penale internazionale è chiusa: non è mai stata aperta per la Siria. Perciò abbiamo cercato un’altra via. Questo è stato possibile in Germania anche per via del grande numero di vittime giunte in Europa, perché tutte loro chiedono giustizia. Il mio obiettivo non è la cattura di Bashar Assad o di Ali Mamlouk, so che sarebbe difficile o forse impossibile adesso. Il mio obiettivo è di impedire che questi individui siano parte del nostro futuro, impedire la normalizzazione di Bashar Assad in Europa creando basi legali che lo rendano impossibile”.

La storia è piena di esempi di leader che hanno represso senza pietà i propri cittadini ma sono stati riabilitati, che sono sfuggiti alla giustizia ottenendo la protezione di altri regimi o sono rimasti al potere con la forza e facendo perno sulla realpolitik occidentale. Ci sono stati casi come quello dell’ex Jugoslavia e del Ruanda in cui tribunali speciali sono stati stabiliti con l’obiettivo di ottenere giustizia: era un modo per dare alle vittime la speranza che ciò sarebbe servito da deterrente contro future atrocità. A gennaio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per sollecitare l’istituzione di un tribunale internazionale speciale, in stretta cooperazione con l’Ucraina e con la comunità internazionale, che si occupi di perseguire la leadership politica e militare della Russia e della Bielorussia. Il 17 marzo la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto nei confronti del presidente Putin ma “non ha alcun valore legale”, secondo il Cremlino, perché “la Russia, come un certo numero di Stati, non riconosce la giurisdizione di questo tribunale, quindi, dal punto di vista del diritto, le decisioni di questo tribunale sono nulle”, ha spiegato il portavoce del presidente russo, Dmitri Peskov. Quindi anche l’azione legale contro i leader russi si sta rivelando difficile nonostante la guerra in corso.

Un tribunale speciale creato dall’Assemblea generale dell’Onu - Per la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, serve un tribunale speciale sotto l’egida dell’Onu per il crimine di aggressione della Russia all’Ucraina. Ma non è semplice istituirlo perché serve il via libera di un numero sufficiente di Stati all’interno dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Oona Hathaway, docente di Diritto internazionale a Yale, che è stata tra le prime propositrici di questa iniziativa, ci ha detto che l’Europa dovrebbe prenderne la guida, anche perché - nonostante l’appoggio di Biden - il passato degli Stati Uniti sul tema della giustizia internazionale è complesso e controverso. E l’Europa dovrebbe farlo proprio attraverso l’Onu anziché impegnarsi in una iniziativa europea per la giustizia in Ucraina, perché in tal modo manderebbe un messaggio più forte alla Cina e agli altri Paesi. Lo stesso vale per la Siria.

I casi europei probabilmente cresceranno in numero negli anni, mentre le prospettive di transizione democratica in Siria scemano sempre di più. Alcuni pensano che questa sia l’unica via per la giustizia in Siria, dopo il fallimento occidentale nel fermare lo spargimento di sangue e una delle crisi umanitarie più terribili del nostro tempo. Ma Al Bunni non rinuncia all’idea di un tribunale speciale. “Questa è una delle mie missioni - ci dice durante la sua visita negli Stati Uniti -: spingere per l’istituzione di un tribunale speciale creato con un voto dell’Assemblea Generale, anziché dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ne ho parlato con il dipartimento di Stato americano, con ambasciatori canadesi e tedeschi. Sembravano entusiasti. Ora ci vorrebbe l’iniziativa di alcuni Paesi in appoggio ad una bozza di risoluzione”. Al Bunni dice sempre di non avere sogni, ma obiettivi. Il suo obiettivo è che questo tribunale un giorno prenda vita non in Europa ma in Siria, gestito dai siriani con l’appoggio della comunità internazionale. Un voto all’Assemblea Generale non sarebbe soggetto al veto come accade nel Consiglio di sicurezza. E manderebbe il messaggio più forte possibile ad Assad, a Putin e a chiunque voglia seguirne le orme.

Assad e Putin - Il destino di Assad è rilevante per Putin e gli altri autocrati del mondo. “Il nostro caso ha ottenuto qualcosa che non si era mai verificato prima, e che non riguarda solo la Siria - ci dice Al Bunni -. I dittatori, protetti da un importante membro del Consiglio di sicurezza dell’Onu, pensano di poter fare qualunque cosa impunemente. Ma quello che è accaduto in Germania con Bashar Assad li ha preoccupati. È qualcosa che non si era mai verificato prima per almeno due ragioni. La prima è che, dal nazismo all’Iraq e al Kosovo, la ricerca di giustizia per le vittime è avvenuta sempre dopo, non quando i responsabili erano ancora al potere. In secondo luogo, i processi avvenuti in Europa grazie al principio di giurisdizione universale sono diventati realtà non per il volere di un determinato Stato ma per volere delle vittime stesse. Nessuno può controllarli. Se invece il caso siriano venisse trasferito alla Corte penale internazionale dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, quest’ultimo potrebbe cancellarlo in qualsiasi momento”.

Si è parlato molto di come la guerra in Ucraina abbia sottratto attenzione e aiuti all’emergenza siriana. Ma Al Bunni non vede la competizione “perché quello che è accaduto in Ucraina non fa che confermare ciò che abbiamo detto noi da sempre: quando si permette alla Russia di prendere territori e attaccare i civili, come in Siria, quando le si permette di uccidere usando ogni tipo di armi eccetto quelle nucleari, si incoraggiano i criminali. Per questo la giustizia è cruciale. Ora i dittatori osservano il destino di Assad. E se lui sopravvive questo sarà un disastro per milioni di persone nel mondo, e per l’Europa. Provate a immaginare insieme a me: se Erdogan, Sisi, Saied, Haftar e altri fanno ciò che ha fatto Assad con suo popolo, se causano l’esodo di milioni di persone verso l’Europa e l’Italia, che cosa farete voi? Siete pronti a uccidere milioni di persone in mare sui barconi? La giustizia contro Assad forse è ancora più importante per l’Europa che per la Siria”.