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di Vincenzo Carriero

cosmopolis.media, 16 agosto 2023

A Ferragosto, da tradizione, si rende visita ai detenuti. Ci s’interroga sul sistema penitenziario nazionale. I Radicali ci hanno abituato a questa solitaria consuetudine. All’epifania dei diritti che non vanno in vacanza. L’occasione diviene propizia, ogni volta, per interrogarci - e interrogare - sui nostri ritardi culturali. Sulle falle di un modello che odora di naftalina.

Che sa di vecchio, superato. A fronte degli attuali 60 mila detenuti nelle strutture detentive italiane, i posti realmente disponibili non superano le 50 mila unità. Esiste uno sovraffollamento, una forbice, pari a 10 mila carcerati rispetto ai posti realmente disponibili. I dati forniti dall’associazione “Antigone” tratteggiano un quadro dai tratti inquietanti. Da Terzo Mondo della dignità umana volata via. Il sovraffollamento non toglie solo spazi vitali, ma anche possibilità di lavoro e di svolgere attività che spezzino la monotonia della vita penitenziaria. Quella monotonia che porta all’emergere di situazioni di forte depressione, alla base di un aumento di suicidi e atti di autolesionismo nel periodo estivo.

Proprio i suicidi, pur nel silenzio della politica e di parte del sistema dell’informazione, continuano ad essere una piaga a cui il carcere ha abituato. Dopo gli 85 dello scorso anno, quest’anno sono già 42. Come riferisce “Ristretti Orizzonti” 1.352 quelli avvenuti dal 2000 ad oggi. L’estate, da questo punto di vista, non aiuta. Il caldo è uno dei fattori che impattano maggiormente sulla qualità della vita negli istituti penitenziari, qualità della vita già non elevata neanche negli altri periodi dell’anno.

A questo si aggiunge poi la chiusura di molte attività e quindi una situazione di ulteriore e sostanziale isolamento. Non è un caso che, durante i mesi estivi, proprio il numero dei suicidi cresca. Quest’anno, dei 42 già avvenuti, i soli mesi di giugno, luglio e i primi giorni di agosto ne hanno fatti contare 15. Come detto in estate in galera si sta male. In tantissimi istituti mancano i ventilatori, le finestre sono schermate, non ci sono frigoriferi in cella e a volte neanche nelle sezioni e in molti casi in cella non c’è neanche la doccia.

Il Garante nazionale dei detenuti, lo ha sottolineato ieri Giovanni Bianconi sulle pagine del “Corriere della Sera”, ricorda che sono chiuse in cella migliaia di persone, almeno 6000, che devono scontare pene o residui di pena inferiore ai tre anni. E che, dunque, per legge avrebbero diritto a trascorrerli fuori dalle celle. Ma nella maggior parte dei casi non hanno un avvocato che presenti l’istanza, un posto dove scontare la detenzione domiciliare. Sono reclusi “a perdere”. Se il dato medio nazionale dell’affollamento ufficiale è del 112,6%, ci sono Regioni che registrano valori medi molto più alti: come la Puglia (144,2%). Ma sovraffollamento non vuol dire solo carenza di spazi, significa anche che ogni risorsa del carcere, risorse che raramente sono abbondanti, va “divisa” per un numero crescente di detenuti. A partire dal personale. Nelle 38 visite fatte dall’associazione Antigone nel primo semestre del 2022 si è registrata una presenza media di 1,7 persone detenute per ogni agente di polizia penitenziaria.

Nelle 42 visite fatte dall’inizio del 2023 ad oggi, invece, questo valore è salito a 1,8. Ovviamente a causa della crescita delle presenze. Di segno opposto la variazione nel numero degli educatori, grazie alle immissioni degli ultimi anni, lungamente attese. Erano in media 88,6 persone detenute per ciascun educatore negli istituti visitati nel primo semestre del 2022.

Sono in media 70,8 in quelli censiti quest’anno. Da ultimo, per modo di dire, bisognerà capire come l’attuale Governo uscirà dall’impasse in cui sembra essere caduto per la scelta del nuovo Garante. Una figura che dovrebbe rispondere più a competenze specifiche che a criteri di appartenenza politica. In Italia non c’è la pena di morte, ma la morte per pena. Credo lo dicesse Marco Pannella. Uno degli ultimi protagonisti italiani di una cultura laica e socialista caduta, nel frattempo, in disuso. Omologata nelle casematte del pensiero unico.