di Massimiliano Coccia*
linkiesta.it, 17 ottobre 2024
L’autocrate del Cremlino spedisce in cella tutti i suoi oppositori, con metodi brutali e lesivi dei diritti umani. Abbiamo intervistato Dmitry Gurin dello European Prison Litigation Network, che ha stilato un rapporto sulla condizione delle prigioni russe. Se vogliamo comprendere come funziona la Russia di Vladimir Putin e quali obiettivi cerca di perseguire oltre alla rotta dei proventi illeciti, delle sanzioni aggirate e della propaganda occorre fermarsi ad analizzare la situazione carceraria. I penitenziari, i trasferimenti dei detenuti, la repressione massiccia e costante non sono l’altra faccia di una dittatura feroce che rivela nell’oscuro delle celle la sua vera natura che è impossibile da normalizzare. C’è un rapporto che tenta di mettere fine a un vulnus comunicativo e di informazione, a cura di The European Prison Litigation Network, e abbiamo raggiunto l’avvocato Dmitry Gurin (senior legal advisor dell’organizzazione), uno dei maggiori conoscitori della macchina repressiva di Putin.
Le condizioni di detenzione nella Russia di Putin sono drammaticamente peggiorate, le carceri sono luoghi di violazione e punizione. Cosa emerge dal rapporto?
Il sistema penitenziario russo non è solo luogo di punizione e di violazione massiccia dei diritti umani, ma costituisce una vasta rete di fabbriche di tortura in tutto il Paese, utilizzate per tormentare le persone private della libertà personale, spezzare la loro volontà e degradarle. La degradazione umana è diventata da tempo il principale strumento di gestione del carcere in Russia. Se prima l’uso della tortura era nascosto, adesso viene apertamente avallato e le “migliori pratiche” sperimentate in ambito penitenziario sono ormai implementate nelle politiche di gestione di molte istituzioni sociali. Si tratta, insomma, di un problema enorme e complesso, che deve essere analizzato da una prospettiva storica, sociologica, penale e giuridica. Il rapporto congiunto che abbiamo elaborato come Epln e che abbiamo pubblicato all’inizio di quest’anno insieme ai colleghi di State Capture e dell’Iphr, è un tentativo di analizzare uno degli strumenti repressivi del sistema penitenziario russo: le sparizioni forzate (ED, Enforced Disappearances) che avvengono durante il trasferimento dei detenuti. Il combinato disposto delle leggi e delle pratiche nazionali mostra come le sparizioni forzate siano pienamente istituzionalizzate all’interno del sistema penitenziario russo. La legge nazionale spiana di fatto la strada e legalizza sostanzialmente il loro uso, mentre la pratica si spinge ben oltre. Le sparizioni forzate sono usate abitualmente per fare pressione sui prigionieri politici, mantenendo loro e le loro famiglie in una situazione di incertezza. Ma sono anche ampiamente utilizzate contro i “prigionieri comuni” - centinaia di migliaia - e, dal 2014, contro la popolazione civile dell’Ucraina.
Nel rapporto si fa riferimento alle modalità che durante l’Unione Sovietica venivano adottate per il trattamento dei detenuti, modalità che sono rimaste inalterate. È possibile un’involuzione ulteriore della situazione?
Il Servizio Penitenziario Federale della Russia (Fsin) si pone come diretto successore dell’Amministrazione Penitenziaria dell’Impero Russo e dei Gulag sovietici. Questa eredità comprende: campi di lavoro forzato, esecuzioni, deportazioni forzate e tutte le altre forme di repressione che hanno causato milioni di vittime. Invece di rompere questo circolo vizioso di crimini e diventare un’istituzione moderna, umana e riabilitativa, la Fsin ha preservato con cura questa eredità. La situazione può peggiorare e peggiorerà se non si ferma la macchina della repressione. Le autorità penitenziarie russe hanno rapidamente rimosso, uno dopo l’altro, tutti gli strumenti di controllo e le barriere che tentavano di limitarne e monitorarne l’azione - le commissioni pubbliche di monitoraggio, la Corte europea dei diritti umani (Cedu), il Comitato per la Prevenzione della Tortura (Cpt). Agli avvocati è stato vietato di portare con sé in carcere dispositivi di registrazione fotografica, video e audio, i difensori dei diritti umani sono stati espulsi, attaccati e perseguitati. Tutte queste misure sono state prese per essere liberi di agire indisturbati all’interno delle carceri, liberi, insomma, di uccidere, torturare, estorcere confessioni, mandare forzatamente in guerra. La necessità di evitare di attirare troppa attenzione pubblica è stato l’ultimo fattore di contenimento. Dopo l’arresto delle persone sospettate come responsabili dell’attacco terroristico alla Crocus Hall di Mosca, i media legati alla polizia hanno pubblicato i video delle orribili torture a cui sono state sottoposte queste persone e i responsabili delle torture - gli agenti di polizia - sono stati decorati. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: la tortura è stata di fatto ufficialmente autorizzata. È facile prevedere come questa situazione non possa che peggiorare.
Negli ultimi giorni abbiamo raccontato la morte di Viktoria Roschina, giornalista ucraina che doveva essere scambiata con prigionieri di guerra russi. Sembra lo stesso destino di Alexei Navalny. Cosa avviene nei trasferimenti dei detenuti?
La morte di Viktoria Roschina ci ricorda ancora una volta una terribile verità: in caso di trasferimento di prigionieri in Russia, a una persona detenuta può succedere di tutto e, se le autorità lo desiderano, la sua vita può terminare all’istante. Ciò che accomuna questi casi - la tragica morte (molto probabilmente per omicidio) di Viktoria Roschina, l’omicidio di Alexei Navalny e molte altre morti che si verificano ogni giorno nel sistema penitenziario - è l’incertezza e l’isolamento delle vittime. Il trasferimento offre condizioni perfette per alimentare entrambe queste condizioni, spesso dura due o tre settimane, durante le quali le persone detenute vengono portate in strutture diverse, lungo tragitti complicati e poco intuitivi, in furgoni carcerari e in treno, privati di qualsiasi contatto con il mondo esterno - ai detenuti non è permesso comunicare con le famiglie e gli avvocati - i trasferimenti sono spesso utilizzati per spezzare la volontà dei detenuti, per torturarli fisicamente e psicologicamente, per nasconderli al pubblico e alle loro famiglie e, infine, per eliminarli.
Cosa è cambiato dall’inizio dell’invasione estesa dell’Ucraina nel sistema penitenziario russo?
Molto. Come ho detto, nel febbraio 2022 è stato come se si fossero spezzate le ultime catene che trattenevano questa bestia - il sistema penitenziario russo - che ha iniziato a scatenarsi su tutto il territorio. Il sistema è diventato ancora più chiuso e opaco. Il Fsin ha smesso di pubblicare le statistiche sulle carceri. Con una mossa senza precedenti, un appaltatore militare semi-privato - Wagner - è stato autorizzato a entrare nelle prigioni, a reclutare i detenuti e a usarli come truppe (o, più probabilmente, carne da macello) nei combattimenti veri e propri (decine di migliaia di detenuti sono stati reclutati, almeno il quaranta per cento è stato ucciso). Anche ex ufficiali e ufficiali del Fsin sono stati dispiegati in Ucraina. Parallelamente allo scatenarsi in Ucraina dell’odio e della violenza che per anni erano stati alimentati tra le mura delle carceri russe, il sistema penitenziario ha iniziato ad assorbire la popolazione ucraina, i civili, compresi i prigionieri condannati dai tribunali ucraini, che stavano scontando la loro pena, i prigionieri di guerra, a migliaia, tenuti in isolamento e sottoposti a torture e maltrattamenti quotidiani. L’attuale programma di riforma penitenziaria, già in fase di attuazione, pone maggiore enfasi sul lavoro dei detenuti - sempre più spesso le pene detentive sono sostituite da “pene alternative” di lavoro forzato - per imprese private e statali - industria leggera e lavori comunali. Altre misure comprendono la riduzione complessiva del numero delle carceri e la concentrazione dei detenuti in grandi centri penitenziari situati lontano dalle grandi città, un piano che contraddice i moderni principi penitenziari e l’idea stessa di risocializzazione e reinserimento dei detenuti. Queste misure disumane, unite alle ulteriori restrizioni del diritto di accesso a un tribunale e alla quasi totale assenza di organizzazioni internazionali di controllo che possano intervenire, portano a una violazione ancor più palese dei diritti umani nel sistema penitenziario e a un ulteriore isolamento delle persone detenute.
Per quanto concerne il diritto alla salute, che tipo di situazione avete riscontrato?
Lavorando a stretto contatto con i nostri partner e colleghi in Russia, vediamo il deterioramento generale della medicina penitenziaria: mancanza dei farmaci necessari, grave carenza di personale medico, impossibilità di ricevere anche le cure mediche più semplici e basilari. Un altro grande problema che affligge la medicina penitenziaria da anni è la totale mancanza di indipendenza dei sanitari rispetto all’amministrazione penitenziaria - i medici sono ancora subordinati all’Fsin (soprattutto ai dipartimenti regionali), il che impedisce loro di riferire in modo indipendente su problemi generali come la mancanza di medicinali, ma li porta anche a chiudere gli occhi su casi specifici di tortura o di gravi malattie dei detenuti. I detenuti gravemente malati non possono ricevere un’adeguata assistenza medica nelle carceri e l’Fsin e i tribunali non sono disposti ad accogliere le richieste di rilascio per motivi medici finché la persona non è in punto di morte. Recentemente siamo riusciti a ottenere il rilascio di diversi prigionieri gravemente malati per motivi medici - ma solo grazie all’intervento del Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite - e questi successi, pur essendo indubbiamente importanti a livello individuale, non hanno cambiato la situazione in generale.
Oltre alla detenzione ordinaria nei penitenziari, sono tantissime le modalità di carcere duro previste. Ci può fare una panoramica delle tecniche di vessazioni?
Ufficialmente, secondo la legge nazionale, esiste un sistema complesso, una gerarchia di strutture detentive corrispondenti a diversi regimi - da quelle più blande alle prigioni e alle colonie a regime speciale - in cui le condizioni di detenzione e le restrizioni imposte ai detenuti variano (per esempio in relazione al numero di pacchi ammesso, alle visite consentite, al numero di telefonate, al diritto di accesso all’istruzione o al lavoro, ecc.). Oltre a questi strumenti giuridici formali, che sono stati ampiamente sanzionati dalla Cedu (si pensi alle sentenze Polyakova and Others v. Russiasulle regole per l’assegnazione dei detenuti alle colonie remote, Tomov and Others v. Russia relativa agli standard nazionali delle condizioni di trasferimento in carcere,Mukhametov and Others v. Russia, sull’autorizzazione alle visite in carcere per i detenuti in attesa di giudizio), le amministrazioni penitenziarie utilizzano un’ampia gamma di pratiche per mantenere l’ordine formale e informale e per esercitare pressione su alcuni detenuti, tra cui la tortura fisica, la musica ad alto volume, la reclusione mista con persone affette da infermità mentali, la privazione di cibo e medicine, la reclusione in isolamento in minuscole celle disciplinari (note come Shizo) e, naturalmente, i trasferimenti prolungati in colonie remote.
Che differenze di trattamento hanno criminali comuni e oppositori politici?
Nessuno è al sicuro. Se un anno fa si poteva ingenuamente pensare che l’attenzione dell’opinione pubblica, gli avvocati, l’intervento della comunità internazionale e degli organismi internazionali avrebbero fornito almeno una minima garanzia per la vita e l’incolumità di alcuni prigionieri - dopo la morte di Navalny possiamo essere certi che, purtroppo, non è così. Se le autorità decidono di porre fine alla vita di una persona detenuta o di sottoporla a maltrattamenti, lo faranno a prescindere. Sembra che l’unica differenza tra i detenuti politici e i detenuti “ordinari” sia che ai primi non cade un solo capello senza un ordine diretto di Mosca, sia esso il Cremlino o l’Fsb (Federal Security Service). I prigionieri comuni possono essere uccisi, torturati, “affittati” dalle amministrazioni carcerarie locali senza un’autorizzazione speciale dei loro superiori o del centro federale.
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La storia dell’intervento europeo sulla situazione dei diritti umani in Russia e, in particolare, nelle carceri russe è ricca, complessa, costellata di vittorie e fallimenti - la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha portato a una serie di importanti miglioramenti nella legislazione e nella prassi penitenziaria nazionale. Purtroppo, molti solo di facciata, ma con la necessaria volontà political’efficacia di questi interventi può essere “rianimata” in futuro. Altre sentenze europee sono state preziose in quanto hanno fatto luce sugli aspetti più problematici del funzionamento del sistema penitenziario (si veda S.P. and Others v. Russia che affronta il sistema di gerarchizzazione informale dei detenuti tollerato e sostenuto dalle autorità penitenziarie), ma purtroppo sono arrivate troppo tardi, già dopo l’espulsione della Russia dal Consiglio d’Europa (avvenuta nel 2022), e infine, in alcuni casi, sia il Comitato dei Ministri (l’organo di esecuzione dei giudizi della Cedu) che la stessa Corte europea hanno di fatto “scusato” la Russia per le violazioni sistemiche dei diritti dei detenuti, accettando le riforme meramente nominali come segno di buona volontà e indicatore di seri cambiamenti. Questo è stato il caso della privazione totale del diritto di elettorato attivo dei detenuti - un problema strutturale che, secondo il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, è stato risolto con la creazione di una pena alternativa - quando in realtà il problema è rimasto inalterato. Allo stesso modo, la creazione formale di un meccanismo di ricorso per le denunce sulle condizioni di detenzione è stata rapidamente accolta dalla Corte europea, nonostante il fatto che all’epoca non fosse stato risolto con successo un solo reclamo nell’ambito del nuovo meccanismo (Shmelev e altri c. Russia (dec.).
In termini di raccomandazioni, il nostro rapporto congiunto con l’Iphr e State Capture mira a richiamare l’attenzione della comunità internazionale sul problema ricorrente e sistemico delle sparizioni forzate nel sistema penitenziario russo e formula raccomandazioni generali per chiedere alle autorità russe di attuare riforme sostanziali e significative in ambito penitenziario, di istituire un sistema di monitoraggio, di rispettare gli obblighi internazionali e di ratificare strumenti come la Convenzione Onu per la protezione di tutte le persone contro le sparizioni forzate. Per quanto possa sembrare ingenuo al momento, sono pienamente d’accordo con Vladimir Kara-Murza sul fatto che i cambiamenti in Russia arrivano spesso in modo improvviso e inaspettato. E quando arriverà quel momento, dovremo lottare per mantenere i problemi del carcere e le relative raccomandazioni della società civile nella lista delle priorità di coloro che lavoreranno alla costruzione della Russia futura.
*Si ringrazia per la traduzione Sofia Ciuffoletti, secretary general dello European Prison Litigation Network.