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di Aldo Cazzullo

Corriere della Sera, 26 giugno 2022

Da decenni si discute di come svuotare le carceri, anziché costruirne di nuove. Mi pare che sul tema si confrontino due retoriche. Quella rigorista, tipo “facciamolo marcire in prigione” e “chiudiamolo in cella e gettiamo la chiave”. E quella garantista, per cui il carcere sarebbe una punizione medievale, una crudeltà insopportabile, un retaggio del passato.

È evidente che nessuno deve marcire, e non ci sono chiavi che possano essere buttate. È meno evidente, invece, che il rifiuto del carcere è un altro aspetto della tipica mentalità italiana del rifiuto dello Stato, percepito come “altro” rispetto a noi se non come nemico; per cui il Palazzo di Giustizia diventa il Palazzaccio, il poliziotto lo sbirro, l’agente del fisco lo sceriffo di Nottingham. Il carcere serve fondamentalmente a tre cose.

Impedire a una persona potenzialmente pericolosa di nuocere agli altri (non a caso il referendum per abolire il rischio di reiterazione del reato come motivo per la carcerazione preventiva non ha incontrato il favore popolare). Punire i reati, se possibile prevenirli con la deterrenza. E recuperare il detenuto, trasmettendogli valori, insegnandogli un lavoro, reinserendolo nella società. Le carceri italiane rischiano di fallire tutti e tre gli obiettivi, in particolare il terzo.

Per il recupero dei detenuti, occorre che le carceri siano luoghi dove si possa vivere dignitosamente; questa dovrebbe essere la priorità, non “svuotare le galere”, a rischio e pericolo delle potenziali vittime che stanno fuori e non hanno fatto nulla di male. Purtroppo, molte carceri italiane sono fatiscenti. Qualche tempo fa sono andato a presentare un libro a Regina Coeli: un carcere bene amministrato, dove i detenuti hanno biblioteche e laboratori; ma che senso ha una prigione nel cuore di Roma, o nel caso di San Vittore nel cuore di Milano? Gli edifici storici andrebbero valorizzati, nell’interesse della collettività, e i detenuti andrebbero recuperati in carceri moderne.

Se non ci pensiamo ora, che abbiamo risorse da spendere, quando lo faremo? Sarebbero soldi investiti meglio rispetto a quelli del Super-bonus, fonte di super-truffe; così come è una truffa allo Stato pure la speculazione che in poche settimane ha riportato i prezzi del carburante oltre i due euro al litro, là dove erano quando il governo ha tagliato le accise.