sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Enzo Riboni

Corriere della Sera, 31 marzo 2024

È in crescita il disagio e l’accoglienza è in affanno. Le liste d’attesa e l’allarme per i neodiciottenni. Servono linee guida uniformi dalle Regioni. C’è un lento ma preoccupante stillicidio nelle Comunità per minori. Negli ultimi due anni, infatti, non poche hanno dovuto chiudere per mancanza di operatori o per il venir meno della sostenibilità economica. Una criticità che è ben presente a chi opera sul campo come Liviana Marelli, referente per infanzia, adolescenza e famiglie di Cnca, il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza: “C’è una situazione di grave crisi rispetto alla tenuta complessiva del sistema dell’accoglienza residenziale per minori. Va evitato il rischio di una progressiva dismissione proprio in un contesto di evidente crescita del disagio minorile”. Il censimento della situazione attuale risulta difficoltoso, perché ogni Regione va per conto proprio nei criteri autorizzativi e di accreditamento delle comunità, manca una banca dati nazionale, non c’è monitoraggio su cosa accade quando un minorenne lascia una Comunità. Gli ultimi rilevamenti, quello di Agia - Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza - e quello del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, pur se pubblicati tra il 2022 e il 2023, datano 31 dicembre 2020.

A quella data, secondo Agia che raccoglie i dati dalle Procure presso i tribunali per i minorenni, erano 3.605 le strutture di accoglienza, con un numero medio di ospiti per struttura pari a 6,4. Il 43,3% è composto da comunità socio-educative, il 16,7% da comunità familiari, l’11,8% da comunità bambino-genitori e il 20% da “alloggi ad alta autonomia”, con in più un 8,2% non precisato (comunità terapeutiche?). Gli ospiti nelle strutture di accoglienza, sempre a fine 2020, erano in totale 23.122 di cui 20.377 minori e 2.745 neomaggiorenni (18-21 anni). Tra gli under 18, 5.282 erano Msna: minori stranieri non accompagnati.

“In questi giorni - spiega l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti - abbiamo avviato una nuova indagine che coprirà il periodo fino al 2023: rispetto alla precedente comprenderà anche gli allontanamenti d’urgenza dalle famiglie, le indagini ispettive delle Procure e un focus sugli esiti delle accoglienze. Su quest’ultimo punto già oggi possiamo dire che la gran parte di chi era in affido familiare rientra nelle famiglie d’origine, perché scaduti i termini o perché sono state superate le criticità all’origine dell’affido. È raro invece che un minore esca da comunità residenziali perché indirizzato a un affido familiare, specie se si tratta di Msna, con l’eccezione dei bambini ucraini che, nell’85% dei casi, sono andati in famiglie affidatarie. Tutti gli altri escono da una comunità per entrare in un’altra”.

I dati del ministero del Lavoro, sempre a fine 2020, calcolano in 13.408 i minori accolti nei servizi residenziali perché allontanati temporaneamente dalla famiglia d’origine a scopo di tutela e protezione. Il numero è solo in apparenza discordante rispetto ai 15.095 indicati dall’Agia perché quest’ultima comprende anche i minori inviati in comunità da provvedimenti penali o terapeutici. “Attenzione però: il nostro - precisa Marelli - non è un mondo di sottrazione di bambini ma di aiuto alle famiglie d’origine. Concetto che sarà sempre più chiaro quanto più si riuscirà a far prevalere l’affido preventivo/consensuale su quello riparativo”.

Interventi tardivi - Rispetto al 2020 qual è il trend negli ultimi anni? Secondo Marelli ci sono due elementi che oggi concorrono. “Da una parte - spiega - c’è un indubbio aumento di richiesta, soprattutto per adolescenti e preadolescenti, dall’altra una parallela contrazione delle risorse comunitarie. Il risultato è la creazione di lunghe liste d’attesa che fanno arrivare tardi i minori in comunità, quando sono già molto compromessi, dal punto di vista comportamentale o di salute mentale”. L’altro grande problema è quello dei neodiciottenni. “Anche se - chiarisce Garlatti - c’è la possibilità del cosiddetto prosieguo amministrativo, che consente la presa in carico dei servizi sociali fino a 21 anni quando è già in corso un processo di autonomizzazione”. Fatto sta che per gli over 18 senza il supporto della famiglia inserirsi nella società non è facile, soprattutto in termini di lavoro. Una mano significativa arriva, tra gli altri, dai “Salesiani per il sociale”, che promuovono percorsi di inserimento lavorativo e professionale per migliaia di ragazzi ogni anno.

Ma per realizzare soluzioni che ottimizzino il ruolo delle comunità per minori serve, prima di tutto, una conoscenza dettagliata del mondo di riferimento. Un aiuto potrebbe venire dalla recente approvazione delle nuove “Linee di indirizzo” per le comunità, cornice che garantisce il diritto alla non discriminazione a seconda dei territori di appartenenza. “Per funzionare però - avverte Marelli - tutte le Regioni dovrebbero ratificarle: cosa che non è avvenuta per le linee guida precedenti”.