L’Osservatore Romano, 5 agosto 2022
C’è la visione dello sport inclusivo di Papa Francesco applicata dalla “sua” Athletica Vaticana - uno sport per tutti (in concreto e non a chiacchiere) che non escluda nessuno, tantomeno chi vive l’esperienza del carcere - nel progetto “Rieducare - Lo sport come strumento di dialogo”, presentato di recente allo stadio Olimpico di Roma su iniziativa di Sport e Salute, “per porre l’attenzione sulla funzione fortemente rieducativa delle attività sportive nei penitenziari”.
Lo sport dunque come strumento rieducativo: lo ha testimoniato, con i fatti, il 24 maggio scorso anche l’iniziativa We Run Together co-organizzata da Fiamme Gialle e Athletica Vaticana. Su questa stessa linea inclusiva si muove la convenzione firmata da Sport e Salute e la Fondazione Irti per un progetto concreto nelle carceri.
Per Francesco Paolo Sisto, sotto-segretario alla Giustizia, intervenuto all’incontro a nome del ministro Marta Cartabia, “rieducare è un rafforzativo della sicurezza: chi ha pensato che più carcere voglia dire più sicurezza ha messo in essere un’equazione incostituzionale. Ci deve essere comunque un domani per chi è afflitto da misure di custodia”.
“Vogliamo promuovere un modello di società in cui lo sport sia una reale protezione sociale e civile per tutti a prescindere da età, condizioni economiche e sociali” ha affermato Vito Cozzoli, presidente di Sport e Salute che collabora attivamente con Athletica Vaticana. “Lo sport - ha sottolineato - è uno strumento fondamentale per il reinserimento dei detenuti. Stiamo rilanciando il nostro modello territoriale, perché dobbiamo intercettare il disagio sociale.
Le politiche pubbliche non possono fermarsi alle mura degli istituti penitenziari e le attività ricreative, compreso lo sport, sono tra i pilastri della rieducazione del condannato. Rieducare con lo sport non vuole essere uno slogan, ma una reale opportunità”. “Lo Stato condanna, ma è lo Stato a dover rieducare e solo l’obbligo di rieducare può giustificare il potere di punire un condannato da parte dello Stato.
Lo sport è regole e libertà insieme” ha rilanciato Natalino Irti, presidente della Fondazione che ha sottoscritto l’accordo. “La rieducazione non è altruismo buonista” ha concluso Carlo Renoldi, capo del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, “ma un preciso impegno dello Stato”. E un esempio concreto lo ha presentato Gabrio Forti, ordinario di Diritto penale e Criminologia all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, indicando “il rugby come sport in grado di trasmettere regole e valori e di essere straordinario strumento rieducativo”.