sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Sara Busato

Corriere del Veneto, 28 novembre 2023

Raccontare l’inenarrabile. È la sfida che da venticinque anni affronta la redazione di Ristretti Orizzonti, la rivista della casa di reclusione Due Palazzi. Correggere l’irreparabile, raccontandolo. Storie che nessuno vorrebbe conoscere e che non trovano ascolto all’esterno e che spesso ritenute non degne di essere raccontate. Per l’occasione ieri mattina un incontro con alcune delle vittime che hanno scelto di entrare in carcere per “spezzare la catena del male” e incontrare chi ha compiuto reati. Come è accaduto a Benedetta Tobagi e a Silvia Giralucci.

Erano bambine quando le Brigate Rosse uccisero loro il padre. La voglia di confrontarsi, di parlare, di far capire che una sofferenza così trova tregua le ha portate in carcere. “Il progetto è rivoluzionario - commenta Tobagi - perché accompagna un percorso di cambiamento attraverso la piena assunzione della responsabilità come persona”.

Narrazioni del male fatte da persone che hanno accettato di mettersi in dialogo e riconoscere l’umanità dell’altro. “Il riconoscimento del dolore, il vedere che la mia storia stava producendo degli effetti, dei cambiamenti ha trasformato la mia sofferenza - racconta commossa Silvia Giralucci - Quello che aiuta una vittima a uscire dal suo ergastolo di vittima è che la società si faccia carico del suo dolore e lo riconosca e consenta di raccontare anche una storia che è difficile da sopportare”. E l’accettazione passa anche dalla consapevolezza delle parole “Non sono responsabile della morte di una guardia giurata - analizza un detenuto - ma ho ucciso una guardia. Se non dico quello che ho commesso è difficile prenderne coscienza”.

Il suo volto sfigurato dall’acido e ricostruito, faticosamente, come la sua vita. Dopo un calvario di operazioni e anni di ospedali, Lucia Annibali ha deciso di dedicare la sua vita alla battaglia contro la violenza sulle donne. “La storia di Giulia Cecchettin, dimostra ancora una volta, che queste sono vicende che non hanno mai una fine, la storia si ripete”, commenta l’avvocato. “Bisogna lavorare sul piano del linguaggio che responsabilizza. Ora c’è bisogno di silenzio e terminare di raccontare con morbosità ogni passo della vicenda”. Ci sono progetti che durano nel tempo e che possono fare la differenza come “A scuola di libertà”.

Ogni anno la redazione incontra decine di classi padovane per far toccare con mano le conseguenze di certe azioni, ma soprattutto mettere a disposizione le storie delle persone. “In carcere ci sono pezzi di umanità - sottolinea Ornella Favero, direttrice di Ristretti Orizzonti - Non credo alla parola fallimento. Queste persone convivono con le cadute e gli inciampi. Riconoscere l’umanità nell’altro è qualcosa di straordinario”. Comunicare e raccontare per dare maggiore consapevolezza all’atrocità del male e dall’altra dare un senso alla propria storia di vittime del male.