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di Errico Novi

Il Dubbio, 21 luglio 2023

L’assurdo voltafaccia europeo, che rinnega la direttiva garantista con quella proposta ora, che punta a disciplinare la “lotta alla corruzione”. Novembre 2020: l’ostinazione di un deputato con una singolare, forse unica, attenzione ai temi della giustizia, Enrico Costa, costringe l’allora maggioranza giallorossa a occuparsi di un dossier fino ad allora misconosciuto, di più, ignorato: la direttiva europea sulla presunzione d’innocenza.

I 5 Stelle del premier Giuseppe Conte e del guardasigilli Alfonso Bonafede rispondono picche: il principio, dicono, è già sancito in Costituzione, quindi la disciplina europea può essere recepita seccamente, non c’è bisogno di introdurre puntualizzazioni nella legislazione italiana. Invece un anno dopo, a premier (Mario Draghi) e guardasigilli (Marta Cartabia) mutati, la direttiva Ue 343 sulla presunzione d’innocenza entra nel nostro ordinamento penale, con modifiche stringenti che cambieranno per sempre il rapporto fra magistratura e comunicazione. Tutto è bene quel che finisce bene, seppur con solenne ritardo: la disciplina garantista era stata emanata dall’Europa ben 5 anni prima, nel 2016. Nel Paese dell’ossequio alle Procure debordanti nessun partito o parlamentare, prima di Costa, si era preoccupato di prenderla in considerazione.

Cambio inquadratura. Siamo nel 2023, a sette anni di distanza dall’emanazione della direttiva garantista. Ce n’è una nuova, non ancora varata dalla Commissione di Bruxelles ma elaborata e sottoposta agli Stati membri da Parlamento di Strasburgo e Consiglio europeo. È una “proposta di direttiva” che punta a disciplinare la “lotta alla corruzione”.

Contiene sollecitazioni ai Ventisette affinché introducano nei loro ordinamenti penali nuove fattispecie di reato sul malffare, ivi compreso l’abuso d’ufficio in via d’abrogazione dalle nostre parti. Non solo. Dopo fiumi di pronunce della Corte dei diritti dell’uomo con cui per decenni i singoli Paesi, e l’Italia per prima, sono stati sanzionati per l’eccessiva durata dei processi; dopo che l’erogazione dei fondi per il Pnrr è stata subordinata a riforme, poi realizzate da Cartabia, che riducessero il “disposition time”, nientedimeno la nuova “bozza di direttiva europea” dispone che, per certi reati, sempre di corruzione, la prescrizione si allunghi.

È finita qui? Macché. Tra i tanti input ultrarestrittivi che improvvisamente l’Europa sente il bisogno di trasmettere ai singoli governi c’è persino una simil-legge Severino, peggiore e più contraria allo Stato di diritto, e alla presunzione d’innocenza, di quanto non sia la Severino vera, la nostra: si prevede l’incandidabilità non solo per i condannati ma anche per gli “incriminati”; cioè, per adattare la cosa al nostro sistema, per chi è solo accusato, da un pm, di corruzione o, al più, è stato rinviato a giudizio, senza che sia mai stata emessa una condanna. È - lo si può dire senza tema di smentita - una direttiva sulla presunzione di colpevolezza.

Ora, in Italia, contro questa incredibile euroinversione di marcia su garanzie e diritti, la maggioranza parlamentare, mercoledì scorso, ha di fatto votato contro. Più precisamente, e come riportato sul Dubbio di ieri, ha approvato un parere critico proposto, in commissione Affari europei alla Camera, dal deputato Antonio Giordano, di Fratelli d’Italia. Una prova di coesione del centrodestra, anche nel suo partito maggiore e più incline a sterzate intransigenti sulla giustizia.

Il tutto con il sostegno anche del Terzo polo, che ha votato insieme alla coalizione di governo. Si apre una paradossale e interessantissima sfida sul garantismo, tra Italia e Unione europea. In cui non siamo soli, come ricordato dall’onorevole Giordano ai colleghi: persino la civilissima Svezia ha espresso in Parlamento un parere negativo, ad esempio, sull’incandidabilità degli incriminati. C’è di mezzo l’ingerenza, la violazione del “principio di sussidiarietà”, in base al quale l’Ue “legifera” solo su materie per le quali gli Stati membri non adottano discipline autonome. Nel caso della corruzione non è così, certamente non è cosi per l’Italia, come ricordato da Carlo Nordio all’eurocommissario Reynders. E sarà interessante vedere se Roma riuscirà a condurre fino in fondo la propria campagna contro l’incredibile voltagabbana comunitario, che neppure lo pseudo trauma del Qatargate può giustificare.