sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Giovanni Maria Jacobazzi

Il Dubbio, 30 agosto 2023

Retroscena sui veleni nell’Anm, nel gruppo guidato da Piraino c’è chi dice: sulle carriere separate ci tendono trappole. La posizione ufficiale di Magistratura indipendente, il gruppo moderato delle toghe, sulla proposta di separare le carriere fra pm e giudici attualmente in discussione in Parlamento sarà resa nota prima del Comitato direttivo centrale dell’Anm previsto per il prossimo 9 e 10 settembre a Roma.

“La proposta di separare le carriere fra pm e giudici rischia di diventare un’arma di distrazione di massa: ci sono infatti diverse criticità nelle riforme sulla giustizia approvate nella scorsa legislatura ed in quelle in discussione nell’attuale sulle quali non si discute con uguale intensità”, è il comune sentire di molte toghe di Mi in questi giorni.

Magistratura democratica, la corrente di sinistra, ha invece già deciso di prendere posizione in maniera ferma, come ricordato ieri in un colloquio con il Dubbio dal pm di Rimini Stefano Celli. Il magistrato, componente del Comitato direttivo dell’Anm, aveva stigmatizzato il comportamento dei colleghi sul punto, a suo dire condizionato dalla presenza nel governo di uno storico appartenente ad Mi, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.

“Faremo valutazioni senza condizionamenti di sorta e senza essere oggetto di strumentalizzazioni”, ricorda allora una toga di Mi a microfoni spenti. Il segretario nazionale di Mi Angelo Piraino, in una intervista al Dubbio della scorsa settimana, aveva ricordato che le scelte sono del legislatore, alla magistratura compete evidenziarne le criticità, “senza invasioni di campo”.

“La disparità è strutturale. Da una parte c’è lo Stato, con un pm che dispone della polizia giudiziaria, e dall’altra il privato cittadino. Il problema è semmai dare al privato cittadino gli strumenti per evitare che ci sia un abuso del maggiore potere che nei fatti ha la pubblica accusa. Una riforma del genere non può cambiare la mente del giudice”, aveva aggiunto Piraino, augurandosi quindi che il pm ragionasse come un giudice.

Sulla separazione delle carriere, comunque, si discute senza soluzione di continuità da più di trenta anni, da quando è entrato in vigore l’attuale codice di procedura penale di tipo accusatorio. Su quale debba essere l’inquadramento del pubblico ministero nell’ordinamento giudiziario italiano sono intervenuti negli anni il fior fiore dei giuristi italiani. Le riforme in questi anni, va ricordato, hanno cercato di scoraggiare e limitare quanto più possibile i passaggi.

La recente riforma Cartabia, approvata dopo una complicata mediazione tra posizioni molto distanti all’interno dei partiti che appoggiavano il governo Draghi, ha ridotto ad uno il passaggio entro i dieci anni dalla prima assegnazione delle funzioni. Trascorso tale periodo, è ancora consentito, per una sola volta, il passaggio dalle funzioni giudicanti alle funzioni requirenti, purché la toga non abbia mai svolto funzioni giudicanti penali. Il passaggio dalle funzioni requirenti alle funzioni giudicanti civili o del lavoro avverrà poi in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, purché il magistrato non si trovi, neanche in qualità di sostituto, a svolgere funzioni giudicanti penali o miste.

Nel 2022 le richieste di passaggio di funzione erano state appena una ventina su un organico di oltre 9mila magistrati. Con queste nuove regole i numeri sono destinati inevitabilmente a ridursi ancora. Ciò non ha impedito di superare il ‘peccato originale’: la comune appartenenza all’Ordine giudiziario che, soprattuto nei piccoli uffici giudiziari, determina la creazione di rapporti ‘amicali’ fra colleghi, spesso anche vincitori dello stesso concorso, che non può non riverberarsi, anche solo sotto il profilo dell’apparenza, sulla terzietà ed imparzialità che deve avere il giudice. Mutando il titolo del libro dell’avvocato Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, “Non diamoci del tu”.