di Giovanni Bianconi
Corriere della Sera, 31 maggio 2020
Mentre la politica studia i correttivi, le anime della magistratura tentano il rinnovamento. Senza il coronavirus, l'Associazione nazionale magistrati avrebbe già un nuovo parlamento e un nuovo governo. Le elezioni del Comitato direttivo centrale (Cdc) e della Giunta esecutiva centrale (Gec), come si chiamano nel gergo della nomenklatura togata, sarebbero dovute avvenire a marzo, e il "caso Palamara" esploso un anno fa avrebbe avuto il suo peso.
L'infezione ha fatto slittare tutto a fine maggio, poi ancora a ottobre, tenendo in piedi la vecchia Gec a sua volta infettata dal "caso Palamara bis": dopo la diffusione delle chat l'ex presidente indagato per corruzione e molti altri colleghi, è entrata in crisi per le accuse reciproche di reazioni non adeguate tra la sinistra di Area e i centristi di Unità per la costituzione.
La Gec resta in carica per gestire l'ordinaria amministrazione, che nel frattempo s'è rifatta straordinaria. Come dimostra il comunicato del capo dello Stato (e presidente del Consiglio superiore della magistratura), tornato a denunciare "la degenerazione del sistema correntizio e l'inammissibile commistione fra politici e magistrati". Governo e maggioranza sono al lavoro sulla riforma dell'organo di autogoverno dei giudici, e quel che resta dell'Anm sarà chiamata a dire la sua. Con i gruppi impegnati da un lato a fronteggiare le modifiche in cantiere, e dall'altro a fronteggiarsi tra loro in vista delle elezioni non più rinviabili.
Il nuovo vertice di Unicost (gruppo di cui Palamara è stata la guida riconosciuta, anche senza cariche ufficiali) proporrà un percorso verso una "assemblea costituente, nel segno di una forte discontinuità con il passato anche recente", che non preclude alcun esito.
Nemmeno l'autoscioglimento e la nascita di una nuova entità, sebbene il presidente Mariano Sciacca non si sbilanci: "Non c'è nulla di deciso. Noi abbiamo cominciato a guardarci dentro, dopo aver consentito l'espansione incontrollata del potere di una persona, senza immaginare la pervasività della rete che aveva tessuto. Ma il problema resta un sistema che s'è nutrito di un trasversalismo da cui nessuno è uscito indenne. Nessuno possiede né può distribuire patenti di superiorità morale, tutti dovremmo osservare ciò che è accaduto attraverso un'unica lente d'ingrandimento: quella dell'autocritica".
Il messaggio è rivolto ad Area, che ha accusato Unicost di non aver avuto lo stesso coraggio dimostrato lo scorso anno dopo le notizie sui tentativi di eterodirezione del Csm da parte di Palamara e i deputati Luca Lotti e Cosimo Ferri (giudice in aspettativa e leader storico di Magistratura indipendente). Ma Eugenio Albamonte, segretario del gruppo della sinistra giudiziaria, ribatte: "Non si tratta di rivendicare una superiorità morale, però è innegabile che noi abbiamo posto il problema prima di altri.
Io stesso, da presidente dell'Anm, parlai nel 2017 di degenerazione del correntismo, sebbene il problema non coinvolga solo le correnti: le chat di Palamara dimostrano che molti magistrati chiedevano e ottenevano individualmente le sponsorizzazioni per nomine e promozioni. Anzi, c'è una correlazione tra la perdita di idealità e identità culturale dei gruppi e l'aumento di pratiche clientelari. Ma resta una differenza di fondo tra certe pratiche deteriori e i tentativi di eterodirezione del Csm, mai visti prima; alle riunioni con Palamara e i politici non c'erano magistrati di Area".
Di quegli incontri segreti, un anno fa, fecero le spese soprattutto i "conservatori" di Mi, che si ritrovarono dimezzati al Csm e fuori dalla Giunta dell'Anm. "Fummo estromessi - commenta la segretaria Paola D'Ovidio - solo perché dicevamo che la scelta delle dimissioni dal Csm spettava alle persone coinvolte, non poteva essere un'imposizione dettata da un atteggiamento giustizialista.
I fatti di allora erano esterni all'Anm, ora invece sono emerse novità di cui un Cdc serio dovrebbe prendere atto. Bisognerebbe votare subito, per dare volti rappresentativi e credibili a una magistratura che nella stragrande maggioranza è fuori da certi giochi. Anche a luglio, come proposto da noi. Io non nego né rinnego il passato del mio gruppo, ma oggi ci sono persone nuove".
Quando Mi uscì dal governo dell'Anm fu rimpiazzata da Autonomia e indipendenza, che se n'era tirata fuori terminata la presidenza di Davigo, il suo leader. "Denunciammo lo scandalo delle nomine al Csm - spiega il segretario Michele Consiglio - e ora chiediamo che la Giunta abbia un'interlocuzione seria con il governo per evitare una riforma del sistema elettorale del Csm che peggiori le cose. Il metodo maggioritario uninominale proposto rafforzerà le correnti e porterà a una bipolarizzazione del sistema, tagliando fuori i gruppi piccoli e nuovi come il nostro". Con queste premesse il confronto con la politica non si annuncia semplice. Soprattutto nel pieno di una campagna elettorale interna all'Anm che è già cominciata.