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di Eleonora Martini

Il Manifesto, 18 febbraio 2024

Ha provocato la protesta di alcuni sindacati di Polizia penitenziaria, la notizia di un’indagine aperta dalla Procura di Lecce dopo la morte per impiccagione di un detenuto del carcere del capoluogo salentino. Matteo Lacorte, 49 anni, di Ostuni (Brindisi), si è suicidato nella sua cella il 14 febbraio durante il cambio del turno del mattino. L’uomo, che era seguito dai sanitari psichiatrici del carcere, nel gennaio 2020 era stato condannato in primo grado a 19 anni di reclusione, più due di colonia agricola, per vari reati fra cui l’accoltellamento di uno degli ospiti della comunità terapeutica che lo aveva avuto in cura. Era in attesa di giudizio definitivo.

Il reato ipotizzato dal pm Erika Masetti dopo l’autopsia è cambiato da omicidio colposo a istigazione al suicidio, al momento a carico di ignoti. Uno dei legali del detenuto, l’avvocata Mariangela Calò, che lo aveva visto qualche giorno prima, ha riferito che il suo assistito stava bene e nulla lasciava presagire quanto accaduto. Gli atti del procedimento sono secretati ma, secondo i quotidiani locali, “nell’avviso di accertamento firmato dal magistrato si fa riferimento alla data del 12 febbraio, due giorni prima della tragedia, come quella in cui sarebbe stato commesso il reato”. Per la Uilpa Polizia penitenziaria, il caso dimostrerebbe come gli agenti siano “cornuti e mazziati”, perché lasciati soli “ad affrontare procedimenti penali e disciplinari pagandoli di tasca propria”.