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primalecco.it, 15 febbraio 2024

Il Garante dei diritti Lucio Farina: “Fondamentale creare un legame con l’esterno per facilitare un reinserimento sociale”. Nessuna grave criticità all’interno della Casa Circondariale di Lecco, anche se emergono il preoccupante abbassamento dell’età dei nuovi detenuti e il sentimento di ansia e paura quando si avvicina il fine pena. Questi sono alcuni degli aspetti che Lucio Farina, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale e presidente del Centro Servizi Volontariato Monza e Lecco, ha spiegato durante la Commissione consiliare riunitasi ieri, mercoledì 14 febbraio 2024.

Nella relazione 2023 scritta da Farina, che tiene conto delle sue visite frequenti all’interno della struttura di Pescarenico, dei colloqui che tiene con i detenuti e del proficuo confronto con il personale e la direttrice Laura Mattina, emerge una situazione di “lieve sovraffollamento”: “Nulla di preoccupante. Lo stesso garante di Regione Lombardia è stato in visita il 6 febbraio e non ha rilevato grosse criticità. Il sovraffollamento è lieve, nel senso che i detenuti si aggirano intorno alla 70ina e l’edificio, in teoria, potrebbe ospitarne fino a 83. Gli spazi però sono pochi e la struttura rimane comunque piccola”. Il garante ha però sottolineato che “tutti i diritti vengono garantiti, tutti dispongono dei beni essenziali, hanno la possibilità di studiare e gli stranieri possono avere lezioni di italiano, grazie al Cpa di Lecco, che garantisce 6 insegnanti e alcuni volontari, inoltre è presente ogni giorno il personale sanitario”. Si registrano più difficoltà quando i detenuti sono in mancanza di documenti o permessi di soggiorno, che poi diventano ostacoli veri e proprio per un ritorno in società. Inoltre la “lentezza” della giustizia non aiuta: molte persone sono in attesa da anni per la fine di processi legati a reati minori, allungando inesorabilmente il periodo di detenzione.

Farina ha poi fatto un quadro delle persone detenute: “Nella Casa Circondariale sono accolte persone ancora a processo, che attendono una sentenza, oppure persone con pene definitive sotto i 5 anni e in gran parte persone che stanno scontando gli ultimi anni di pena. La varietà è ampia: quasi tutti vengono da fuori provincia, magari trasferiti da carceri più grandi. Solo 2 o 3 risultano residenti in provincia di Lecco. A fine dicembre c’erano 69 ospiti, ma il flusso di arrivi e partenze è continuo e nei giorni scorsi siamo arrivati a 72 /73 detenuti. Il 60% sono stranieri, per lo più del Nord Africa (marocchini, tunisini, algerini) poi dell’Africa centrale e qualcuno dell’America del Sud e dell’Est Europa. Il dato più preoccupante però secondo me è l’età: ci sono ragazzi di appena 20 e 21 anni, anche stranieri di seconda generazione che sono nati e cresciuti in Italia. Quasi tutti sono in carcere per reati legati allo spaccio di stupefacenti. Soprattutto tra loro c’è un’aggressività più marcata. Per fortuna a Lecco non si sono registrati episodi violenti significativi, però ci sono momenti in cui la convivenza forzata fa scattare qualche momento di tensione. Idem verso gli ospiti che hanno necessità di cure psichiatriche e che forse troverebbero in comunità o in altri luoghi una sistemazione più idonea”.

La paura di uscire però, paradossalmente, è il sentimento più frequente tra i detenuti: “Quando si avvicina il fine pena sale la paura di doversi confrontare con un mondo nel quale magari non si ha più niente e nessuno, e torna quindi anche l’angoscia di ricadere negli stessi reati che li hanno portati in precedenza in carcere”, ha spiegato Farina, raccontando i colloqui con i detenuti. Proprio intorno a questo spunto si è sviluppato il confronto con gli altri consiglieri e con l’assessore ai Servizi sociali Emanuele Manzoni, presenti durante la riunione. Tutti hanno sottolineato l’importanza di rafforzare questo “ponte” tra interno ed esterno dal carcere. Un ponte che è già presente, grazie ai progetti portati avanti con scuole, istituzioni, enti, associazioni e volontari, che vedono sempre in Farina un punto di riferimento, essendo anche coordinatore del Tavolo della giustizia riparativa. Dal “Progetto porte aperte” fino all’“Agente di Rete”, passando per “Piazza dell’Innominato”, sono tutti esempi di progetti che mirano ad aumentare il contatto tra detenuti e resto della società, una società che resta fuori dalle mura del carcere ma che è anche specchio di quello che si trova al suo interno.