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di Lorenzo Giarelli

Il Fatto Quotidiano, 21 aprile 2022

Il Comitato per il No c’è e si vede, anche se - per assurdo - per far naufragare i referendum di Lega e Radicali sulla giustizia del 12 giugno basterebbe ignorarli, contribuendo così al mancato raggiungimento del quorum. Il paradosso però è che a mancare è un vero Comitato per il Sì, quello che dovrebbe trainare l’affluenza. Ennesimo sintomo di come i promotori abbiano fiutato la pessima aria intorno al referendum, preferendo un disimpegno che consenta di non personalizzare la sconfitta.

Basta però farsi un giro tra le varie sigle che hanno proposto i cinque quesiti (separazione delle carriere, abolizione della Severino, limiti alla custodia cautelare, riforma del Csm, equa valutazione dei magistrati) per accorgersi della desolazione. I Comitati in piedi per la raccolta firme sono ormai carcasse vuote e i leader hanno abbandonato la campagna.

Il caso più evidente è quello del “Comitato promotore Giustizia Giusta”, attivo sul sito comitatogiustizia.it. I presidenti sono Matteo Salvini e Maurizio Turco, segretario del Partito Radicale. Da Statuto, il Comitato resterà in piedi fino a “un anno dalla pubblicazione dell’esito dei referendum”, eppure l’attività è già al minimo. Lo dimostra il fatto che nella pagina dedicata ai quesiti è ancora incluso quello sulla responsabilità diretta dei magistrati, bocciato dalla Corte Costituzionale. Allo stesso modo, i volantini e i poster scaricabili per la campagna elettorale contengono 6 quesiti e non soltanto i 5 ammessi.

Dal sito del Partito Radicale si accede invece a un altro portale in sostegno del referendum. Anche qui si tratta già di archeologia: campeggiano in bella vista le “istruzioni per raccogliere le firme” e le spiegazioni per ognuno dei “6 quesiti”. E poco importa se sulla scheda elettorale ce ne saranno cinque.

A guardar bene, un Comitato attivo c’è. Il problema è che i Radicali partecipano solo in maniera indiretta e la Lega si è del tutto sfilata, condannando l’associazione al silenzio mediatico. Da qualche settimana è nato infatti il “Comitato Garantista per il Sì”, che rispetto agli omologhi informa almeno di essere a favore di “cinque sì ai referendum sulla giustizia contro il populismo penale”.

Dietro al Comitato ci sono due enti: Italia Europea e il Comitato Ventotene. La prima è una organizzazione “politica e culturale” nata come costola di Più Europa, anche se molti suoi soci aderiscono ad altre componenti della fantomatica “area riformista” (da Azione a Italia Viva, per intendersi).

Il Comitato Ventotene è invece un’associazione che ha per obiettivo “la divulgazione sulla politica, la cultura e le istituzioni europee”, attraverso un buon utilizzo dei social network e la promozione di conferenze, eventi culturali e quant’altro. Il presidente è Luca Bisconti, giovane avvocato senza esperienze nei partiti. Un po’ poco per garantire al fronte del Sì la cassa mediatica che Salvini aveva avuto durante le prime fasi della campagna elettorale, quando ancora era convinto di poter ottenere qualcosa di buono dai referendum. Congelati gli entusiasmi, meglio lasciare ai giovani il cerino della sconfitta.