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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 28 giugno 2023

Il 34% dei detenuti totali è in carcere per la legge sulle droghe: quasi il doppio della media Ue. Quasi la metà di loro è tossicodipendente. Un catastrofico record negli ultimi 17 anni. È quello che emerge dalla quattordicesima edizione del Libro Bianco sulle droghe presentato alla Camera da Riccardo Magi di + Europa assieme alle associazioni e realtà promotrici.

Quest’anno il Libro Bianco si concentra sul tema delle presenze in carcere a causa della legge sulle droghe, offrendo spunti e riflessioni sul dibattito pubblico. In particolare, si esamina la situazione delle persone che usano droghe e finiscono in carcere, rimanendovi per lunghi periodi. Le soluzioni proposte dalle autorità governative, come quella del sottosegretario Delmastro, per i promotori dello studio sembrano rappresentare un brusco ritorno al passato, favorendo comunità chiuse che appaiono appaltare la detenzione al settore privato invece che una reale risorsa per la riabilitazione e la tutela della salute fisica e mentale delle persone che fanno uso di sostanze e si trovano in carcere. Inoltre, vengono ricordate le proposte che erano state avanzate ma mai attuate.

All’interno del Libro Bianco, si trova uno studio redatto nell’ambito dell’Ufficio per il Processo della Cassazione, che si propone di eseguire una ricognizione empirica della giurisprudenza di legittimità in materia di spaccio di lieve entità. Questo studio viene accompagnato dalla riproposizione delle proposte di modifica della definizione di ‘ lieve entità’ come fattispecie autonoma, al fine di suscitare una riflessione sulle politiche attuali riguardanti la droga e la sua penalizzazione. Ma c’è anche un capitolo dedicato all’Onu dove si approfondisce il dibattito internazionale sulle politiche globali in materia di droghe, criticando aspramente le prese di posizione del governo italiano a Vienna, rappresentato dal sottosegretario Alfredo Mantovano. Si analizzano le politiche sulle droghe alla luce del rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani e si esamina criticamente l’ultimo report dell’International Narcotic Control Board, che si focalizza sulle legalizzazioni della cannabis nel mondo, esponendo le fake news che sono circolate in merito.

La legge sulle droghe svolge un ruolo determinante nelle politiche repressive e carcerarie. Si osserva che più del 25% dei detenuti entra in carcere a causa di reati legati alle droghe, mentre il 34% dei detenuti complessivi si trova in carcere per tale motivo, cifra che supera di gran lunga la media europea del 18%. La percentuale di persone che usano droghe e finiscono in carcere ha raggiunto un record catastrofico negli ultimi 17 anni, con oltre il 40% di coloro che entrano in carcere a farne uso. Questo dimostra come la legge sulle droghe continui a essere la principale causa di ingresso nel sistema di giustizia italiana e nelle carceri. Dopo 32 anni di applicazione del Testo Unico sulle droghe Jervolino- Vassalli, diventa evidente che gli effetti penali, in particolare l’articolo 73, hanno avuto conseguenze devastanti.

La legislazione sulle droghe e il suo utilizzo, secondo il Libro Bianco, determinano i saldi della repressione penale. La decarcerazione potrebbe essere ottenuta attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti, mentre le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coercitivo si basano sulla loro criminalizzazione. È importante notare che in assenza di detenuti per l’articolo 73 o di persone dichiarate tossicodipendenti, non ci sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario, come dimostrato dalle simulazioni prodotte. Nel 2022, su un totale di 38.125 ingressi in carcere, ben 9.961 sono stati causati dall’articolo 73 del Testo Unico, relativo alla detenzione a fini di spaccio. Questo rappresenta il 26,1% degli ingressi, in calo rispetto al 28,3% del 2021. Al 31 dicembre 2022, su 56.196 detenuti presenti in carcere, ben 12.147 erano detenuti a causa dell’articolo 73, mentre altri 6.126 erano detenuti in associazione con l’articolo 74, che riguarda l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope. Questo significa che il 34,3% dei detenuti totali si trova in carcere a causa delle droghe, un dato che supera di gran lunga la media europea del 18% e quella mondiale del 22%.

I dati relativi ai detenuti definiti ‘ tossicodipendenti’ sono ancora più allarmanti. Nel 2022, il 40,7% di coloro che sono entrati in carcere erano tossicodipendenti. Al 31 dicembre 2022, c’erano 16.845 detenuti ‘ certificati’ presenti nelle carceri italiane, rappresentando il 30% del totale. Questo numero record, che non si verificava dal 2006, è alimentato dal continuo aumento degli ingressi in carcere di persone tossicodipendenti, con un aumento del 18,4% rispetto al 2021 dopo due anni di pandemia. Le conseguenze di questa situazione si riflettono anche nel sistema di giustizia. Purtroppo, a causa del diniego dei dati da parte del Dipartimento delle politiche antidroga, i promotori del Libro Bianco non dispongono di informazioni aggiornate sui processi in corso per reati legati alle droghe. Tuttavia, secondo i dati fermi al 2021, il 70% dei processi per droghe termina con una condanna, confermando la tendenza degli anni precedenti.

Un aspetto interessante da evidenziare riguarda l’impetuosa crescita delle misure alternative, che si sono trasformate in un’alternativa alla libertà anziché alla detenzione. In un contesto caratterizzato da una forte richiesta di controllo sociale istituzionale, strumenti come la diversione e la probazione hanno ampliato l’area del controllo anziché limitare quello coercitivo penitenziario. Il Libro Bianco riporta anche le segnalazioni e le sanzioni amministrative per il consumo di droghe illegali. Negli ultimi tre anni, sono state effettuate oltre 30.000 segnalazioni all’anno. È preoccupante notare che il 38% di queste segnalazioni si conclude con una sanzione amministrativa, che può comportare il ritiro della patente di guida, del passaporto, del porto d’armi o del permesso di soggiorno turistico, anche senza che sia stato commesso alcun comportamento pericoloso.

La repressione colpisce principalmente l’uso di cannabis, che rappresenta il 75,4% delle segnalazioni, seguita dalla cocaina (18,1%) e dall’eroina (4,2%). Dal 1990, oltre un milione di persone sono state segnalate per il possesso di derivati della cannabis. È importante sottolineare che l’aumento del 33% delle segnalazioni di minori per il consumo di droghe, di cui il 97% riguarda la cannabis, non indica necessariamente un aumento effettivo del consumo da parte dei minori, ma piuttosto una maggiore repressione mirata nei loro confronti. Si ritiene fondamentale considerare gli effetti stigmatizzanti e desocializzanti che tali azioni repressive possono avere sui minori. La repressione, piuttosto che offrire opportunità di trattamento e riabilitazione, può spingere i minori in un percorso sanzionatorio che li marchia socialmente. È preoccupante notare che il numero di inviti a presentarsi al Servizio per le Dipendenze da Droghe (SERD) e di sollecitazioni a presentare un programma di trattamento socio- sanitario è in diminuzione.

Il Libro Bianco pone grande attenzione alle presenze in carcere derivanti dalla legge sulle droghe, rilevando l’intollerabile situazione delle persone che usano droghe e finiscono per restare in carcere. Le soluzioni proposte dalle istituzioni, come detto, risultano un brusco ritorno al passato, in cui le comunità chiuse sembrano essere più un meccanismo di detenzione appaltata al privato sociale che una vera risorsa per la riabilitazione e la salvaguardia della salute delle persone coinvolte. È fondamentale riconsiderare la legislazione sulle droghe e promuovere politiche che puntino alla decriminalizzazione, alla riduzione del sovraffollamento carcerario e alla tutela dei diritti umani. Ma la maggioranza di governo, così come d’altronde quelle precedenti, fa orecchie da mercante.