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di Massimo Gramellini

Corriere della Sera, 5 dicembre 2023

Capisco, e l’abbiamo provata in tanti, la rabbia che pervade chiunque vede messo a repentaglio il proprio spazio vitale da ladri o rapinatori. Però, con buona pace di chi si indigna per i 17 anni inflitti al gioielliere cuneese Mario Roggero, un’umanità uscita dalle grotte della preistoria deve imporre un limite ai falli di reazione. Se insegui i rapinatori ad arma sguainata (peraltro illegalmente detenuta) mentre sono ormai usciti dalla tua gioielleria, non è legittima difesa. Se spari cinque colpi all’interno dell’auto in cui si sono rifugiati, non è legittima difesa. Se insegui uno dei banditi già ferito a morte mentre cerca di scappare e, vedendolo cadere a terra, lo prendi a calci in testa e alla schiena, poi gli punti addosso la pistola ormai scarica (ma tu non lo sai) e premi ancora il grilletto, non è legittima difesa. A renderla tale non basta il senso di impotenza che assale i cittadini alle prese con l’insicurezza del vivere e l’incertezza delle pene.

Il mio è solo un predicozzo, dal momento che la vita è difendersi dalla sopraffazione altrui a qualsiasi costo, tanto nessuno ci protegge, nemmeno chi si fa chiamare Giustizia? So bene che questo è il pensiero dominante, eppure non lo condivido. Datemi pure della mammoletta, del maschio rieducato e anche dell’ipocrita, ma a mio figlio cercherò di insegnare che la convivenza umana è appesa a un filo esilissimo che si chiama autocontrollo. Ed è solo grazie a quel filo che non ci siamo ancora estinti.