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di Patrizia Maciocchi

Il Sole 24 Ore, 6 ottobre 2023

Nulla l’espulsione del cittadino extracomunitario, adottata in alternativa alla detenzione, dal magistrato di sorveglianza senza notificare il provvedimento al difensore. L’impossibilità di proporre opposizione da parte del legale di fiducia viola il diritto di difesa.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 40696, accoglie il ricorso di un cittadino marocchino contro il provvedimento che disponeva il suo rientro nella terra d’origine, adottato de plano. Una procedura consentita, ricorda la Suprema corte, dal Testo unico dell’immigrazione (Dlgs 286/1998) prima delle modifiche introdotte dal cosiddetto decreto “Svuota carceri” del 2014.

Il Dlgs del 1998 non riconosceva, infatti, al difensore del detenuto la facoltà processuale di opporsi all’espulsione. E, di conseguenza, non contemplava neppure l’obbligo di comunicargli il provvedimento, come chiarito anche da una giurisprudenza consolidata.

Dopo lo Svuota-carceri, invece sia il detenuto sia il suo legale sono stati inseriti nell’elenco dei soggetti legittimati, insieme al pubblico ministero, a fare opposizione. Un nuovo corso che comporta dunque la necessità da parte del magistrato di sorveglianza di notificare, attraverso la cancelleria il decreto con il quale ha disposto l’espulsione sia all’interessato sia al difensore di fiducia, in assenza del quale va nominato un difensore d’ufficio.

Un passaggio saltato nel caso esaminato, in cui si era fatto ricorso al difensore d’ufficio, malgrado la precedente nomina di uno di fiducia, al quale era stato impedito di proporre dei motivi per perorare la causa del suo assistito ed evitare il rimpatrio in Marocco. Un vulnus determinante alle prerogative della difesa - nell’ambito di un procedimento a contraddittorio differito - e dunque al giusto processo, che porta la Corte di cassazione ad annullare senza rinvio il provvedimento impugnato.