sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Paolo Lepri

Corriere della Sera, 30 settembre 2023

Mentre Francia Germania e Olanda sono vicini all’Armenia, altri - tra cui l’Italia -  sono attenti a conservare i buoni rapporti con l’Azerbaigian (grande fornitore di gas). L’Europa agisce, nella crisi del Nagorno-Karabakh, ma lo fa in modo incerto, non senza divisioni, evitando di rendersi pienamente conto dell’emergenza umanitaria che si sta aggravando di giorno in giorno (i profughi sono già 50.000) nell’enclave armena in territorio azero conquistata nei giorni scorsi dall’esercito di Ilham Aliyev.

È certamente importante che il primo ministro armeno Nikol Pashinian e lo stesso Aliyev si vedano la settimana prossima a Granada in occasione del vertice della Comunità politica europea,il forum lanciato da Macron per promuovere dialogo e cooperazione. All’incontro nel quale si dovrebbe iniziare a discutere di un trattato di pace, assisteranno il presidente francese, il cancelliere tedesco Scholz e il presidente del Consiglio europeo Michel. Ma l’Ue non arriva a questo appuntamento con tutte le carte in regola.

La dichiarazione sugli sviluppi del conflitto messa a punto durante l’Assemblea generale dell’Onu si è scontrata con l’opposizione ungherese di Viktor Orbán e non conteneva una condanna dell’offensiva militare azera. L’Europa, come ha sottolineato anche Le Monde, sta affrontando questo dossier “in ordine sparso”. Mentre Francia Germania e Olanda sono vicini all’Armenia, altri - tra cui l’Italia -  sono attenti a conservare i buoni rapporti con l’Azerbaigian (grande fornitore di gas) e infine alcune nazioni dell’ex blocco comunista continuano a tenere conto (nonostante che Yerevan e Mosca siano sull’orlo della rottura) degli armeni nell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, fondata dopo il crollo dell’Urss.

Questo scenario rischia di complicarsi ancora di più se andrà avanti il discorso su possibili sanzioni all’Azerbaigian per rispondere a violazioni dei diritti umani degli armeni del Nagorno-Karabakh. Il minimo che si può chiedere intanto ai Paesi “amici” di Aliyev è fare pressioni per convincerlo alla moderazione.