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di Paolo Delgado

Il Dubbio, 20 ottobre 2023

Ben 9 Paesi, tra cui Italia, Germania e Francia, hanno deciso di sospendere il Trattato di Schengen. La decisione di 9 Paesi europei, tra cui Italia, Germania e Francia, di sospendere il Trattato di Schengen non ha fatto notizia più che tanto e lo si può capire. Era già successo 387 volte: se non proprio la norma almeno uno sgarro consueto. Eppure questo caso è diverso dalle centinaia precedenti. Prima di tutto per il numero di Paesi che hanno scelto di ripristinare le dogane soprattutto sui confini est, nel caso italiano quello con la Slovenia. Sulla carta non tutta l’Europa si è blindata ma di fatto quasi sì. Paesi come la Spagna, confinante solo con Portogallo e Francia, non avevano infatti alcuna necessità di ripristinare i controlli sulla cosiddetta “rotta balcanica”. In secondo luogo e soprattutto per gli espliciti connotati che la sospensione della libera circolazione assume in base alle giustificazioni ufficiali che ne sono state date e che chiamano apertamente in causa l’immigrazione.

Due articoli diversi regolano la sospensione di Schengen a norma di regole europee. L’art. 25 prevede la comunicazione alla Ue con largo anticipo e riguarda pertanto eventi previsti. L’art 28 formalizza la procedura d’urgenza, con comunicazione motivata a stretto giro, e ne detta le regole. Si parte con una sospensione di 10 giorni, che scatterà oggi, prorogabile poi per periodi di 20 giorni fino a un massimo di due mesi, passati i quali si passa alla procedura ordinaria con un periodo non più prorogabile di 6 mesi. Se e per quanto l’Italia e gli altri Paesi europei decideranno di mantenere le dogane dipenderà dalla situazione in Medio Oriente ma è difficile illudersi che tra 10 giorni sia tornato il sereno.

L’allarme sicurezza è reale. Non si tratta solo di un alibi. È un allarme che in Italia viene avvertito meno che altrove: basti pensare che la reggia di Versailles è già stata chiusa tre volte, e che in Francia e Belgio numerosi aeroporti sono stati chiusi due giorni fa. In quei Paesi l’attentato di Bruxelles ha riacceso immediatamente la memoria recente delle stragi dell’Isis. L’Italia è stata uno dei pochissimi Paesi europei non presi di mira, e l’unico tra quelli principali. Merito probabilmente dell’antico rapporto privilegiato con il mondo arabo e con le organizzazioni palestinesi che i governi Dc- Psi avevano costruito nella prima Repubblica, ma si tratta degli ultimi bagliori provenienti da una stella morta, la situazione di oggi non è più quella di allora, e comunque neppure quello scudo metteva al sicuro dai lupi solitari o dalle frange più estreme neppure negli anni della Prima Repubblica. La paura è reale. L’allarme non infondato.

Tuttavia anche la tentazione di sfruttare la circostanza per rilanciare o rafforzare la strategia della Fortezza Europa è palese, tanto più dopo la notizia dello sbarco a Lampedusa del terrorista di Bruxelles. Nella lettera con la quale il governo italiano ha comunicato all’Europa la scelta di chiudere il confine con la Slovenia si parla esplicitamente di immigrazione. Il Viminale ha diffuso i dati dei soggetti a rischio entrati da quel confine. Da Chigi ammettono che, in linea di principio, non si può escludere che in futuro la scelta si ripeta a più riprese: sempre in nome della sicurezza ma di fatto prendendo di mira tutta l’immigrazione illegale.

Per la premier è un appiglio utile, forse prezioso. La sua strategia sull’immigrazione sta franando. Il Piano Mattei è una chimera, l’accordo con la Tunisa non si è mai concretizzato né da una parte né dall’altra. Sulla carta, è vero, tutti accettano l’impostazione italiana, con lo slittamento dalla gestione dell’accoglienza al chiudere il confine esterno sul Mediterraneo. Ma sono parole perché chiudere quel confine senza scelte estreme che l’Europa non ha alcuna intenzione di assumere è impossibile. Musica per le orecchie di Salvini che concorda con l’alleata sulla Fortezza, molto meno sull’aspettare il resto dell’Europa. Ma se entrasse davvero in ballo la sicurezza, e non in modo effimero ed emergenziale, il discorso cambierebbe perché di fronte alla sicurezza molte delle inconfessate ma strenue resistenze europee alla strategia della premier italiana verrebbero a cadere.