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L'Osservatore Romano, 16 novembre 2019


"Non dimentichiamoci mai del carcere". Così, con emozione, Paola Severino, presidente dell'Associazione internazionale di diritto penale, ha concluso il suo indirizzo di saluto al Papa. Un appello scaturito dal ricordo personale di una giornata speciale, il 28 marzo 2013, durante la quale lei, all'epoca ministro della Giustizia, accolse il Pontefice nel carcere minorile di Casal del Marmo, dove Francesco volle celebrare la messa "in Coena Domini" del Giovedì santo.

"Non dimenticherò mai - ha detto - l'emozione e l'effetto che ha avuto quella visita. Molti di quei ragazzi hanno intrapreso un cammino di redenzione e di cambiamento. E già solo per questo la gioia di quell'incontro si è unita a un'enorme soddisfazione". Purtroppo, ha aggiunto, "spesso del carcere ci si dimentica. Lo si considera "altro da sé".

E invece quell'esperienza insegna "a tutti noi che siamo vicini alla sofferenza di chi deve subire la pena, a continuare a visitare spesso il carcere". Del resto, gli insegnamenti del Pontefice, come ha evidenziato la stessa Severino, sono un punto di riferimento e una "guida preziosa" per tutti gli operatori del diritto penale.

In particolare, la presidente dell'Associazione ha portato, come esempio, tre grandi temi frequentemente presenti nel magistero pontificio. Innanzitutto quello della corruzione, che "mina le basi del rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni e, in senso più ampio, corrode le fondamenta della nostra convivenza civile".

Vi è poi la tutela della "casa comune" con la "necessità di preoccuparci delle generazioni future e di affrontare con consapevolezza e con misure adeguate le sfide che il cambiamento climatico pone". Infine, ma non ultimo, il ruolo del diritto penale e l'importanza di saper dosare la pena "con prudenza e attenzione, guardando alle persone in carne e ossa". Su questo aspetto si è soffermata Severino ricordando come il Papa abbia a più riprese sollecitato a ricercare "una giustizia che "oltre che padre sia anche madre": una giustizia che si sappia naturalmente far carico delle vittime, ma che non dimentichi gli autori dei reati, una giustizia che "sia umanizzatrice, genuinamente riconciliatrice, una giustizia che porti il delinquente, attraverso un cammino educativo e di coraggiosa penitenza, alla riabilitazione e al totale reinserimento nella comunità".

Il diritto penale, ha concluso l'ex ministro, "non deve mai dimenticare di dialogare con ciascun individuo, offrendogli la possibilità di ricomporre la frattura che con il suo comportamento ha arrecato al patto sociale".

L'Associazione internazionale di diritto penale è la più antica associazione a carattere scientifico di giuristi specializzati in discipline penalistiche, conta oltre tremila membri e ha svolto un ruolo di decisiva importanza nella nascita della Corte penale internazionale. Dal 13 novembre e fino a sabato r6 sta celebrando a Roma, presso l'università Luiss Guido Carli, la ventesima edizione del suo congresso mondiale, quest'anno dedicato al rapporto tra giustizia penale e attività d'impresa.