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di Gennaro Grimolizzi

Il Dubbio, 23 ottobre 2023

Il futuro, sotto certi versi, è già il presente. Ecco perché occorre avere la sensibilità di cogliere i cambiamenti e non subirli. Anche nella professione forense. Di questo è convinto l’avvocato Vittorio Minervini, consigliere del Cnf e vicepresidente della Fondazione dell’avvocatura italiana. La persona - nel nostro caso il professionista - deve continuare a conservare la propria centralità. È impensabile, per esempio, che le capacità argomentative, le capacità di studio e di scrittura vengano sostituite dall’algoritmo.

Avvocato Minervini, l’uso dell’Intelligenza artificiale, destinato a essere sempre più massiccio, impone delle capacità di adattamento per gli operatori del diritto, che, comunque, non potranno essere sostituiti. Cosa ne pensa?

L’IA, secondo una delle migliori definizioni, indica la razionalità computativa. Sorgono delle questioni molto importanti quando si immagina di voler sostituire l’attività umana e l’elaborazione umana del pensiero con un altro strumento, con un artefatto. L’Intelligenza artificiale non fa altro che replicare il pensiero umano. Potrebbero esserci dei tipi diversi di ragionamento che non vengono fatti come quelli umani. Sorgono delle questioni importanti sulla valutazione della fattispecie che presenta sempre una sua complessità. Se è fatta su base statistica del precedente, l’elemento creativo, dato dal pensiero umano, viene meno e l’effetto creativo della giurisprudenza verrà bloccato. Adesso i sistemi di IA, applicati alla decisione, lavorano con trattamenti statistici dei dati raccolti e calcolo delle probabilità. Da ciò deriva il rischio di privilegiare una particolare modalità di applicazione del diritto e di favorire la cristallizzazione della giurisprudenza, nell’implicito vincolo del precedente. Per questo motivo l’impatto di tali artefatti sulla attività del giudice e sulla corretta valutazione della motivazione della decisione deve esser ben considerato. Vi è poi un altro aspetto da prendere in considerazione.

Quale?

La predizione spesso non prende in considerazione alcuni elementi molto importanti. Ogni fattispecie è sempre diversa dall’altra. La valutazione, attraverso l’Intelligenza artificiale, non può andare a considerare tutti gli elementi della fattispecie. Il linguaggio giuridico è complesso e articolato. Con l’IA questa componente rilevante si disperde. Nei mesi scorsi, durante il Congresso giuridico, abbiamo dedicato ampio spazio alle ricadute sulla nostra professione dell’Intelligenza artificiale. In quella occasione ho fatto l’esempio del fiume di Eraclito: siamo immersi in un fiume che è composto dall’alveo, dall’acqua e dal fluire dell’acqua. È la realtà in divenire. Con l’IA questo fiume non c’è più, dato che si ripete sempre la stessa cosa. Ragion per cui ci ritroviamo a fare i conti con una specie di eterno ritorno. Inoltre, per rendere trasparente l’attività di IA si deve imporre un principio di qualità e sicurezza nell’analisi dei dati e dei dati di confronto, che deve conseguire a una certificazione della loro fonte con sistemi che ne possano validare sicurezza e integrità, per il loro trattamento e del loro utilizzo nell’ambito delle decisioni giudiziarie. Deve essere garantito il rispetto del principio della trasparenza delle metodologie e delle tecniche utilizzate nel trattamento delle decisioni giudiziarie.

L’avvocatura mostra perplessità rispetto all’incalzare dell’Intelligenza artificiale?

Dipende. L’IA e tutti i sistemi tecnologici sono ineludibili. Noi dobbiamo pensare di dover approfittare dei nuovi scenari che si prospettano e dobbiamo farci trovare preparati. Se così non fosse, saremmo fuori da un mercato. Non possiamo pensare di rimanere esterni. L’avvocato tra dieci anni sarà completamente diverso da come si presenta oggi. Avrà una diversa considerazione degli strumenti tecnologici di cui potrà disporre.

Le prime applicazioni dell’Intelligenza artificiale fanno ben sperare? Sono alleate preziose nello svolgimento della professione?

La giustizia tributaria ha un progetto molto interessante che è stato portato avanti dall’avvocata Maria De Cono. Attraverso un sistema di IA sono state fatte analizzare le sentenze di primo e secondo grado. Non sono state però massimate, come ha fatto la Cassazione. Sono state individuate secondo dei sommari. L’utilità riguarda la valutazione del precedente. Ma anche questo metodo potrebbe indurre sempre di più a soffermarsi solo sul precedente e a non avere quell’effetto evolutivo delle decisioni della giurisprudenza. Si rischia di ripetere sempre una certa attività e di non fare altro che reiterare sempre la stessa indicazione- decisione, senza pensare che ci potrebbe essere un altro punto di vista. L’IA nella giustizia tributaria è una sorta di palestra. Bisogna stare però attenti all’utilizzo nell’attività di formazione della decisione e di valutazione della fattispecie. I margini per migliorare gli strumenti legati all’IA ci sono. La palestra della giustizia tributaria può darci indicazioni sulla strada da seguire in futuro e su certe soluzioni da non adottare.

La professione legale in questo contesto sta cambiando. Come dovrebbe attrezzarsi?

Sono convinto che la nostra professione debba cambiare per evitare la marginalità. Per effetto del Covid non andiamo più in tribunale, non abbiamo più situazioni di dialogo con i giudici. Se poi questo dialogo è affidato unicamente a un macchinario o a un sistema di intelligenza artificiale, tutto diventa più avvilente. Viene meno l’aspetto di valutazione della fattispecie e di strategia nell’esaminare le varie soluzioni che possono essere adottate, senza tralasciare la creatività nello scrivere e nell’argomentare. Vale a dire l’essenza della nostra professione. Non dobbiamo subire i cambiamenti.

Fare i conti con l’Intelligenza artificiale richiede anche uno spirito proattivo da parte delle Università e delle facoltà di giurisprudenza?

Senz’altro. Ci sono già alcune Università che stanno rivolgendo grande attenzione nei confronti dei sistemi di IA. In questo contesto i giovani potranno svolgere un ruolo fondamentale. Entrano già nella facoltà giuridiche con una attenzione nei confronti del sistema elettronico che non hanno altre generazioni.