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di Vladimiro Zagrebelsky

La Stampa, 24 agosto 2023

Il dibattito sul volume pubblicato dal generale Vannacci si è svolto attorno alla libertà di espressione di un militare. Il ministro Crosetto, in una recente intervista, ha però richiamato la necessità che i militari ed anche altre categorie di persone come i magistrati (e si possono aggiungere anche, almeno, gli insegnanti) assicurino sempre imparzialità e a tutti eguaglianza di trattamento. E in tal senso essi offrano anche coerente immagine.

Si tratta di un punto di vista che non si può non condividere e che è complementare rispetto a quello del diritto ad esprimersi liberamente. Si tratta dei limiti alla libertà di espressione, che specialmente vincolano particolari persone, per le quali, accanto a quello di chi le pubblica, rilevano i diritti di chi riceve la comunicazione delle idee espresse. Importa a questo proposito ricordare che la libertà di espressione assicurata dalla Convenzione europea dei diritti umani, che la Costituzione richiama, “vale non soltanto per le informazioni o le idee che sono accolte con favore o sono considerate inoffensive o indifferenti, ma anche per quelle che urtano, colpiscono, inquietano lo Stato o una qualunque parte della popolazione”. Ma alla libertà di comunicare e ricevere idee e valutazione si aggiungono doveri e responsabilità. Essa perciò non è senza limiti, come accade in generale ai diritti fondamentali quando il loro esercizio deve convivere con diritti ed esigenze legittimi di segno opposto o diverso. E in ogni caso la libertà di espressione non riguarda i discorsi razzisti o che incitano alla violenza o all’odio, fondati sull’intolleranza di genere, xenofoba, antisemita, islamofoba o religiosa. Essi si pongono in diretta contraddizione con i valori fondanti del sistema sociale disegnato dalla Costituzione e dalle Carte internazionali dei diritti che l’Italia ha ratificato.

Accade poi che la libertà di espressione si riduca o si atteggi diversamente a seconda della posizione di chi voglia render pubbliche le proprie opinioni; in particolare quando chi si esprime ha obblighi professionali di riserbo, imparzialità, rispetto di chi pensa diversamente, eccetera. Nel caso del libro pubblicato dal generale Vannacci non si tratta di negare alla persona la libertà di esprimere le proprie opinioni, ma di constatare che il farlo è talora incompatibile con il mestiere che svolge e, per guadagnare piena libertà, richiede di abbandonarlo.

Nella evoluzione nelle caratteristiche del servizio militare, di può partire da quando Costantino Nigra nel 1861 faceva l’elogio dei Carabinieri “usi a obbedir tacendo”. Ma ora le libertà dei militari sono state riconosciute, dalla Costituzione e da specifiche leggi. Non è solo la libertà di espressione, ma anche ad esempio quella sindacale. Così la libertà di espressione riguarda anche i militari e “l’ordinamento delle Forze armate di informa allo spirito democratico della Repubblica”. Il codice dell’ordinamento militare da un lato riconosce ai militari i diritti che la Costituzione riconosce ai cittadini, ma dall’altro “per garantire l’assolvimento dei compiti propri delle Forze armate sono imposte ai militari limitazioni nell’esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l’osservanza di particolari doveri nell’ambito dei principi costituzionali”. I militari sono abilitati ad esercitare il monopolio statale della violenza legittima, insieme alle Forze di polizia. Essenziale è che essi assicurino imparzialità e coerenza di comportamento rispetto alla Costituzione e i valori democratici che le sono propri. Da ciò derivano obblighi di riserbo e modalità di espressione che vanno oltre l’ovvio limite che riguarda gli argomenti di carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali il militare che vuole discuterne deve ottenere l’autorizzazione della sua gerarchia. Si può osservare che gli obblighi e limiti si concretizzano generalmente con riferimento alla specifica posizione del militare. Si può pensare per esempio che essi siano più stringenti per chi opera in una delle Scuole militari che si occupano della formazione del personale.

La legittimità di limiti alla libertà di espressione per i pubblici funzionari difficilmente comporta definizioni normativamente descritte, ma richiedono sensibilità specifica legata ad ogni vicenda. Essa si applica ben oltre i limiti che operano sul terreno della responsabilità penale o di quella disciplinare. Essa riguarda anche profili di opportunità, che sono meno stringenti ma non per questo meno importanti per chi esercita poteri pubblici. Tra questi, come sopra accennato, si trovano casi di particolare importanza. Non solo per i militari, che comunque sono legati nella loro azione dalla obbedienza gerarchica, ma anche per professioni in cui alla riconosciuta indipendenza si accompagnano aspettative di imparzialità.

È il caso degli insegnanti e dei magistrati, la cui libertà di espressione è tanto più ampia quanto più i loro interventi riguardano lo specifico servizio cui sono addetti. Così ad esempio il Codice etico dei magistrati va oltre l’area degli illeciti disciplinari previsti dalla legge e stabilisce che, ferma la libertà di manifestazione del pensiero, il magistrato si ispira a criteri di equilibrio, dignità e misura nel rilasciare dichiarazione destinate alla diffusione. È questo il riflesso di doveri che nascono dai diritti e dalle legittime aspettative dei cittadini e invitano i magistrati alla autolimitazione. Perché le loro libertà, come quelle dei militari e degli insegnanti, devono assicurare tutela e rispetto alle legittime aspettative di tutti.