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di Antonella Mascali

Il Fatto Quotidiano, 13 aprile 2023

Per la Corte gli ergastolani che ottengono la “condizionale” devono essere sempre sorvegliati: il principio “non viola la Costituzione”. La libertà vigilata deve continuare a essere automatica per gli ergastolani che hanno ottenuto la libertà condizionale. Non è incostituzionale. Si tratta della sorveglianza da parte della pubblica sicurezza sulla condotta e sul rispetto degli obblighi del detenuto che ha avuto il beneficio.

Questa volta la Consulta, dunque, non amplia i benefici per gli ergastolani e a differenza di quando si è pronunciata contro il cosiddetto ergastolo ostativo assoluto, ha confermato, per una materia che riguarda però tutti i detenuti e non solo i mafiosi o i terroristi coinvolti dall’ostativo, che l’automatismo previsto dal codice penale non si deve modificare. La vigilata non si tocca.

Lo si legge nelle motivazioni, estensore Nicolò Zanon, della sentenza che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di sorveglianza di Firenze sulle normative in merito. I giudici fiorentini supponevano che queste disposizioni violassero il principio di ragionevolezza e di finalità rieducativa della pena, dato che prevedono l’applicazione obbligatoria della libertà vigilata all’ergastolano ammesso alla condizionale, stabiliscono che sia fissa per 5 anni e non consentono al magistrato di sorveglianza di far cessare in anticipo la misura.

Ma per la Corte, come pure sostenuto dall’Avvocatura dello Stato rappresentata da Maurizio Greco, non c’è alcuna violazione dei principi costituzionali: “La libertà vigilata è una sorta di ‘prova in libertà’, finalizzata a favorire il graduale reinserimento del condannato nella società”. Non c’è alcun “automatismo irragionevole”, il periodo di libertà vigilata “ha infatti l’obiettivo di verificare la tenuta della prognosi di ‘sicuro ravvedimento’ già effettuata in sede di concessione della liberazione condizionale e consente l’espiazione, in forma meno afflittiva, della pena così sostituita” (quella in carcere con la condizionale, ndr).

Non è neppure “irragionevole”, spiega ancora la Corte, che ciò avvenga “per un periodo fisso, poiché la pena originariamente inflitta è già stata commisurata, questa sì doverosamente, alle specificità della situazione concreta”. La Corte dà anche il senso della concessione della condizionale: “Del resto, l’ammissione alla liberazione condizionale dischiude l’accesso alla definitiva estinzione della pena, una volta che ne sia decorsa l’intera durata.

Per il condannato all’ergastolo, che può accedere alla libertà condizionale solo dopo aver trascorso in carcere ventisei anni (30 per chi ha l’ostativo, ndr), il periodo di libertà vigilata non può che avere una durata prestabilita e fissa, ed è accompagnato da prescrizioni e obblighi modulabili a opera della magistratura di sorveglianza, alla luce delle peculiarità del caso concreto e del principio costituzionale di risocializzazione”. La Corte fa comprendere le ragioni per cui conferma l’automatismo: “La libertà vigilata, quando applicata al condannato ammesso alla liberazione condizionale, non è una misura di sicurezza e neppure una sanzione aggiuntiva, ma la prosecuzione, in forme meno afflittive, della pena già subìta in origine”.

Alla Consulta, inevitabilmente, si è riferita la Cassazione, prima sezione penale, che ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale ha respinto il ricorso di Salvatore Pezzino, detenuto per mafia, contro l’ostativo alla condizionale. Scelta obbligata per la Cassazione, che ha chiesto alla Sorveglianza di L’Aquila di rivalutare la richiesta del detenuto alla luce della nuova legge, del governo Meloni, che ha reso l’ostativo per detenuti mafiosi o terroristi non collaboratori, da assoluto a relativo.

Il quadro normativo “è significativamente mutato”, scrive il relatore Giuseppe Santalucia, in quanto la riforma ha fatto della mancanza di collaborazione “una preclusione soltanto relativa e ha previsto l’accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative” anche “per i detenuti non collaboranti, in presenza di stringenti e concomitanti condizioni…”. Insomma è stata seguita la linea della Consulta, dove oggi sarà illustrata la relazione annuale dalla presidente Silvana Sciarra. Nell’intervista all’Annuario 2022 della Corte, Sciarra ha rivendicato gli interventi su ostativo e 41-bis: “Non si può comprimere oltre misura la sfera delle garanzie”.