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di Giansandro Merli

Il Manifesto, 7 giugno 2022

Mohamed Mahmoud Abdel Aziz aveva 19 anni ed era nato in Darfur, regione del Sudan occidentale martoriata da anni di conflitto. Domenica si è impiccato nel centro di prigionia di Ain Zara, a Tripoli. Era in Libia da tempo: i suoi amici raccontano che due anni fa era stato attaccato da un datore di lavoro che rifiutava di pagarlo. Da allora soffriva di ansia e attacchi di panico. Il primo ottobre scorso è stato arrestato con altri 4mila migranti durante il raid nel quartiere di Gargaresh e portato nella prigione di Al Mabani. Una settimana dopo ha partecipato alla fuga di massa e si è accampato davanti agli uffici dell’Unhcr, dove era registrato, prendendo parte alla protesta auto-organizzata dei rifugiati.

È rimasto nel presidio fino all’ultimo giorno: il 10 gennaio 2022. Alla mezzanotte forze di polizia e miliziani libici hanno circondato le tende dei rifugiati. Insieme a circa 600 persone il ragazzo è stato portato ad Ain Zara. Al momento ci sarebbero circa 300 uomini, mentre vecchi, bambini e donne sono stati rilasciati nel corso dei mesi. I compagni di prigionia di Abdel Aziz dicono che il corpo è stato lasciato appeso molte ore prima dell’intervento delle guardie del centro.

Intanto la finestra di bel tempo e mare calmo, che dovrebbe durare fino a mercoledì, ha riempito il Mediterraneo centrale di barche. 675 persone sono state catturate dalla sedicente “guardia costiera” libica la scorsa settimana. Tra domenica e lunedì oltre 800 sono arrivate in autonomia a Lampedusa (14 sbarchi: otto con provenienza libica e sei tunisina). “Una ragazza ne indicava un’altra e ripeteva: è incinta, non si può attraversare il mare così. Erano state sulla barca tre giorni. Hanno capito quanto era pericoloso solo dopo la partenza dalle coste libiche”, racconta Marta Barabino, che con il progetto Mediterranean Hope offre assistenza umanitaria al molo Favaloro.

Altri 419 migranti sono a bordo delle Sea-Watch 3 (356) e Mare Jonio (69). “Nel primo soccorso i naufraghi erano terrorizzati dalla presenza della cosiddetta “guardia costiera” libica, che si è avvicinata pericolosamente - dice Vanessa Guidi, presidente di Mediterranea e capomissione - Nel secondo le persone avevano sintomi di disidratazione. Tra loro c’è un signore di 80 anni del Sudan. Viaggia da solo. Presentava episodi di vomito, capogiri e mal di testa”. Le due navi umanitarie stanno facendo rotta verso nord, mentre nella zona di ricerca e soccorso resta il veliero Imara e sta arrivando la ResQ People. Sono in navigazione anche le Aita Mari e Sea-Eye 4.