di Ilaria Urbani
La Repubblica, 26 febbraio 2015
"Ho mandato il libro a Giuseppe Tornatore, spero che ne voglia fare un film. Sto rivivendo dopo trent'anni la stessa avventura de "Il camorrista". Vengono a comprare in blocco "Una mala vita": trenta, cinquanta copie ogni volta". Non c'è giorno in cui Tullio Pironti non sia dietro al bancone della sua storica libreria in piazza Dante. L'editore osserva il suo pubblico, non ha smesso di imparare a conoscerlo.
Lo ha incuriosito il fermento intorno a "Una mala vita. La vera storia di Angelo Moccia", libro sulla vicenda umana del boss, nemico di Raffaele Cutolo, che più di vent'anni fa si volle dissociare dalla camorra, ma non scelse la strada del pentimento. "Da un mese, da quando è uscito il libro ne vendiamo in quantità, vengono persone a comprarlo anche per chi sta in carcere. Sono amici dei detenuti, mi rispondono che lo acquistano per "chi non se lo può comprare". Angelo Moccia si consegnò allo Stato nel febbraio 1992, chiese di dissociarsi senza fare i nomi dei suoi complici. Molti camorristi, seguendo il suo esempio, volevano fare lo stesso. Ma la scelta fu quella di non trattare con la criminalità organizzata. Arrivarono l'ergastolo e una mobilitazione civile attivata da don Antonio Riboldi.
"Ho deciso di mandare il libro a Tornatore perché l'interesse nato intorno a questo libro e la velocità con cui si sta vendendo mi ha fatto pensare al libro di Joe Marrazzo, che ho pubblicato nel 1984, da cui il regista trasse il suo primo film. Tra l'altro "Il camorrista" racconta la storia di Raffaele Cutolo, boss della Nco contro la quale si schierò la Nuova Famiglia di Moccia".
"Una mala vita", edito da Pironti, è scritto dall'ex magistrato Libero Mancuso e dall'avvocato Saverio Senese, prefazione di Nicola Quatrano e postfazione "critica" del fratello di Libero, Paolo Mancuso, procuratore capo di Nola che quando era all'Antimafia portò in carcere quasi tutta la famiglia Moccia. Pironti ha già in mente l'inizio del film che potrebbe nascere: "Immagino questo ragazzino con la pistola in tasca che va a vendicare la morte del padre - racconta - La storia di Moccia, sebbene molto difficile da accettare, può essere un esempio perché dalla mafia si può uscire e perché la società civile possa essere sempre più consapevole che le carceri, sovraffollate fino all'inverosimile, non possono realizzare appieno la rieduca- zione del condannato prescritta dalla Costituzione".
"Una mala vita" sta diventando un piccolo cult grazie al passaparola. "Rispetto a "Il camorrista" c'è una diversità: stavolta sono io ad essere stato contattato dagli autori - conclude Pironti. Allora fui io a chiedere un incontro con Marrazzo, gli diedi un anticipo, diventammo subito amici, avevo solo un po' di timore quando uscivamo la sera insieme con qualche delinquente. Una volta glielo dissi, e lui rispose: "Titò, e cumm' o scriv 'o libbr?".